di Rita Cantalino
Il bilancio dei diritti umani nel 2024 di Medio Oriente e Nord Africa è di una profonda crisi, gravi conflitti e sistemiche violazioni. In entrambe e aree dilaga l’autoritarismo e viene negata la giustizia, con una forte connotazione di impunità dei responsabili.
L’offensiva di Israele a Gaza ha mostrato la sua impronta genocida: il bilancio di vittime, sfollati, affamati e maltrattati è catastrofico. La situazione è intervenuta a peggiorare un quadro già fosco delineato negli ultimi 18 anni. Il conflitto ha trascinato nel vortice anche Libano, Iran, Iraq, Siria e Yemen. Nel frattempo si è intensificato l’apartheid israeliano in Cisgiordania. La società civile si è mobilitata in tutto il mondo ma i governi sono stati lenti e inefficaci. Anche i meccanismi di giustizia internazionale sono stati attaccati, svelando un quadro di impunità e doppi standard. Il dissenso è stato sistematicamente represso in tutta la ragione con detenzioni, torture o persecuzioni. La caduta di Bashar al-Assad in Siria ha rivelato decenni di gravi violazioni impunite.
Nelle regioni è largamente diffusa la discriminazione basata su genere, colore della pelle, nazionalità, etnia e orientamento sessuale. Mentre gli effetti della crisi climatica si sono fatti più gravi, infine, i principali stati produttori di combustibili fossili non hanno agito.
Dossier/ Sull’orlo dell’abisso: i diritti umani nel 2024
Dossier/ Sull’orlo dell’abisso: i diritti umani nel 2024 (Africa Subsahariana)
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Crisi umanitarie
L’offensiva di Israele a Gaza ha scatenato la violenza regionale. In Libano intere comunità sono state rase al suolo e milioni di persone sono state sfollate. Gli houthi in Yemen hanno attaccato navi israeliane; Israele ha risposto colpendo infrastrutture civili cruciali. Anche Iran e Iraq hanno risposto con ostilità. La Siria del dopo Assad ha visto attacchi intensificati.
La crisi umanitaria è devastante nelle due regioni. Milioni di sfollati interni, dall’Iraq alla Siria, subiscono discriminazioni e negazione del ritorno. La popolazione rifugiata in Libano vive in povertà estrema. La Tunisia espelle migranti nel deserto. In Libia i migranti affrontano detenzioni arbitrarie e torture. L’Egitto ha rimpatriato forzatamente moltissimi rifugiati sudanesi: darne una stima è impossibile. I conflitti, gli shock economici che ne derivano e la crescita vertiginosa del debito, insieme alla crisi climatica, sono stati il combinato disposto che ha dato vita e una fortissima inflazione che sta minando la vita quotidiana, la salute, l’accesso all’acqua e la dignità delle popolazioni.
Diritti economici e sociali
In Libano una crisi finanziaria cronica paralizza il paese: il governo è incapace di introdurre misure necessarie a tutelare i diritti economici e sociali. I gruppi più emarginati sono rimasti esclusi dall’accesso all’assistenza sanitaria: anziani, persone con disabilità, lavoratori informali e rifugiati. Il conflitto con Israele ha peggiorato la situazione. Altrettanto drammatica la situazione in Egitto, dove sanità e istruzione sono allo stremo. Qui il governo ha minacciato i lavoratori che protestavano per il salario minimo e i residenti degli insediamenti informali che chiedevano lo stop degli sgomberi.
In Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti i lavoratori migranti a basso salario sono sfruttati e discriminati, gli è negato il diritto a formare sindacati e scioperare, vivono in condizioni abitative inadeguate, sono soggetti ad abusi fisici e psicologici, oltre che alla sottrazione del salario da parte dei datori di lavoro, a un accesso scarso all’assistenza medica e a licenziamenti sommari. La situazione peggiore è quella delle donne impiegate nel lavoro domestico.



