Dossier/ Sull’orlo dell’abisso: i diritti umani nel 2024

di Rita Cantalino

Il rapporto di Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani nel 2024 ci consegna la fotografia di un mondo sull’orlo dell’abisso. Gli sviluppi positivi sono pochi e le battute d’arresto rispetto agli avanzamenti sono, secondo la Ong, a rischio di diventare ancora più gravi. Il mondo nello scorso anno è peggiorato: nel corso di conflitti armati sempre più violenti le violazioni del diritto internazionale umanitario sono state all’ordine del giorno. La guerra è arrivata in ogni angolo del mondo, coinvolgendo milioni di persone in Burkina Faso, Camerun, Repubblica Centrafricana (Central African Republic – Car), Repubblica Democratica del Congo (Democratic Republic of Congo – Drc), Etiopia, Iraq, Israele e Territorio palestinese occupato (Occupied Palestinian Territory – Opt), Libia, Mali, Mozambico, Myanmar, Niger, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Siria, Ucraina e Yemen. Crescono la repressione del dissenso, le discriminazioni, l’ingiustizia sociale ed economica. Sempre più spesso la tecnologia è utilizzata per violare i diritti umani: gli stati, soprattutto i più potenti, continuano ad attaccare il sistema di regole internazionale. L’autoritarismo si sta diffondendo in tutti i continenti.

*Foto di Markus Spiske su Unsplash, di seguito Foto di Boris Štromar da Pixabay

Il genocidio di Gaza

Le violazioni più gravi riguardano le guerre e il genocidio dei gazawi. In larga parte dei casi i governi hanno bloccato i tentativi di azioni risolutive degli organismi di giustizia internazionale. Il 2025 è stato un anno di efferati crimini di guerra, perpetuati da forze governative o gruppi armati, e di gravi violazioni del diritto umanitario come gli attacchi contro la popolazione e le infrastrutture civili, gli stupri e le violenze di genere usati come armi. Le persone provenienti dalle comunità più marginalizzate sono state private dei diritti all’istruzione, al cibo, alla casa, alla salute e alla sicurezza. In Sudan c’è stata la più vasta crisi di sfollati al mondo, con 11 milioni di persone coinvolte. Dalla Russia sono partiti sistematici attacchi alle città, infrastrutture e ai civili ucraini. A Gaza il bilancio delle vittime non lascia spazio a dubbi sulla definizione di genocidio, mentre l’apartheid e le occupazioni illegali di Israele in Cisgiordania sono sempre più violente.

I conflitti dello scorso anno sono stati animati da razzismo sistemico: dalla Palestina al Myamar, dal Sudan all’Ucraina. In tutto il mondo hanno manifestato milioni di persone, mentre le istituzioni multilaterali come il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Uniti si sono dimostrate incapaci di far rispettare il diritto internazionale umanitario o anche solo di fornire assistenza umanitaria. Anche i governi non sono stati in grado di contrastare le atrocità commesse in tutto il mondo, quando non le hanno legittimate, come Usa, Regno Unito e molti stati europei per quanto accaduto a Gaza.

La repressione del dissenso

Il 2024 è stato anche un anno di repressione del dissenso e limitazione delle libertà di espressione, associazione e riunione pacifica. Molti governi hanno adottato nuove pratiche e leggi per reprimere le manifestazioni a difesa dei diritti umani, specie nel caso delle proteste contro il genocidio a Gaza. La libertà di riunione ha subìto un restringimento in Argentina, Georgia, Nicaragua, Pakistan e Perù. In alcuni casi (come in Turchia) si è arrivati al divieto di protesta. Sono cresciuti l’impiego di armi più o meno letali contro i manifestanti, gli arresti arbitrari di massa e sparizioni forzate, documentati in Bangladesh, Egitto, Georgia, Giordania, Guinea, India, Indonesia, Kenya, Mozambico, Nepal, Nigeria, Pakistan e Senegal.

In molti paesi ci sono state restrizioni alla libertà di espressione, di parola, di informazione e di associazione Le tattiche utilizzate dai governi sono state detenzioni arbitrarie, torture, persecuzioni giudiziarie, false accuse di terrorismo e talvolta spionaggio. Ci sono stati anche omicidi e sparizioni forzate di attivisti, giornalisti, e voci critiche in generale. Pochi gli elementi positivi come il riconoscimento delle violazioni dei diritti dei manifestanti da parte del governo nigeriano, l’annullamento del rafforzamento dei poteri di polizia contro le manifestazioni nel Regno Unito o le proteste popolari e il ritiro della legge marziale in Corea del Sud.

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