Human Right Defenders, chi difende i Diritti Umani – Seconda Parte

A cura di Gaia Giongo, associazione Yaku

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un crescente attacco verso i difensori dei diritti umani: attivisti, leader, rappresentanti di comunità stanno diventando sempre più oggetto di repressioni violente.

Secondo Francesco Martone, portavoce della rete In Difesa Di, una rete di associazioni che si occupa di diritti umani, “l’attacco ai difensori dei diritti umani è un’emergenza globale: i dati più recenti di Global Witness mostrano che il 2017 si avvia ad essere l’anno più sanguinoso in termini di uccisione di difensori della terra e dell’ambiente, oltre 150 casi già registrati ad ottobre di quest’anno. Secondo i dati raccolti da Michel Forst (Relatore Speciale ONU sui Difensori e le Difensore dei Diritti Umani, Michel), nel 2015-2016 sono stati documentati almeno 450 attacchi il 25% dei quali collegati ad imprese di nazionalità cinese, canadese, statunitense ma questa è solo la punta dell’iceberg, ed i dati vanno letti anche in connessione con la restrizione crescente degli spazi di agibilità per le organizzazioni non-governative registrata a livello globale.”

Le modalità di questa violenza si traducono con la criminalizzazione, l’omicidio, le intimidazioni e le minacce. Questo sistema di oppressione politico-sociale non colpisce solo le singole persone ma si sta espandendo sempre di più all’intera società civile facendo emergere due fenomeni correlati: lo shrinking space e la criminalizzazione delle Ong che si occupano di tutela dei diritti umani.

In una classifica globale, l’America Latina ospita il 52% dei casi di violenza citati sopra, ai danni degli human right defenders. Spesso si tratta di comportamenti imputabili ad imprese che sfruttano la terra e le risorse naturali, testimoniando come la gestione dei territori sia oggetto spesso di interessi economici privati. Nel suo rapporto finale presentato alle Nazioni Unite Michel  Forst ha denunciato la mancanza di responsabilizzazione e l’aumento degli attacchi ai difensori dei diritti umani, sottolineando l’urgenza di nuovi approcci per affrontare la situazione e dell’adozione di misure reattive e proattive. Una delle sfide principali per chi difende i diritti umani a livello locale è proprio rappresentata dagli interessi delle imprese.  Già nel suo rapporto precedente sugli Environmental Human Rights Defenders Forst ha espresso preoccupazione riguardo la complicità di imprese e attori del settore privato in vari casi di violazione dei diritti dei difensori dei diritti umani e delle comunità.

Come difendere i difensori dei diritti umani

Davanti ai crescenti attacchi contro i difensori dei diritti umani, le strategie di risposta devono provenire sia dalla società civile sia dalle istituzioni politiche. In questo senso l’ONU, l’Unione Europea e diversi governi nazionali hanno sviluppato strumenti e meccanismi per la loro tutela e protezione.

A partire dal 1998, anno in cui l’Onu ha adottato la Dichiarazione sui difensori dei diritti umani alcuni passi avanti sono stati fatti.  Ad esempio l’Unione Europea ha adottato delle linee guida sul tema.

A livello italiano, il 31 gennaio 2017 la Commissione Esteri della Camera dei Deputati ha approvato la risoluzione sui Difensori dei Diritti Umani che riprende le richieste di una rete di organizzazioni della società civile italiana per la protezione degli attivisti e delle attiviste impegnati/e  nella tutela dei diritti umani nel mondo.

Il lavoro di rete delle molteplici organizzazioni che si occupano di questi temi auspica che l’Italia crei degli strumenti di protezione a favore di attivisti e attiviste minacciate, seguendo proprio l’orientamento dell’Unione Europea.

“Adesso ci aspettiamo azioni concrete, prima fra tutte l’attuazione degli orientamenti UE in maniera trasparente, attraverso l’elaborazione e la pubblicazione di linee guida per il personale diplomatico italiano, al fine di permettere un monitoraggio del loro lavoro e agli/alle attivisti/e di essere informati delle possibilità di sostegno”, sostiene Francesco Martone, portavoce della rete In Difesa Di“Chiediamo che l’Italia, che presiederà  nel 2018 l’OSCE, organismo che ha delle linee guida eccellenti sul tema, metta la questione dei difensori e delle difensore dei diritti umani al centro dell’agenda politica internazionale”.

L’Italia infatti assumerà la presidenza dell’OCSE (Organizzazione per la Sicurezza Europea) e potrà essere l’occasione per inserire nell’agenda politica il tema della tutala dei difensori dei diritti umani.

ProtectDefenders.eu è il meccanismo dell’Unione Europea di protezione per gli Human Rights Defenders e prevede diverse misure da mettere in campo: helpline, un servizio di supporto 24/7 per supportare i difensori di ogni parte del modo, ricevendo chiamate e messaggi criptati sulle condizioni in cui versano; l’opzione temporary relocation prevede la possibilità di fornire ai difensori un luogo sicuro in cui rifugiarsi temporaneamente, in attesa di un rientro in patria in circostanze meno pericolose per la loro incolumità e quella delle famiglie; l’attività di training prevede il potenziamento delle capacità di difesa non solo fisica, ma anche digitale e di comunicazione.

America Latina, la Colombia

In questo quadro tragico risultano ancor più colpite le donne che difendono i diritti umani, ad esempio il caso di Berta Caceres in Honduras, divenuta purtroppo un doppio simbolo della violenza contro i difensori dei diritti umani e della violenza contro le donne o Malalai Joya da anni perseguita e oggetto di diversi attenti per e sue posizioni e idee politche.

“Le donne sono sempre in prima linea nella difesa del territorio e della territorialità in Colombia, così come in altre regioni a sud del globo”, sottolinea Tatian Roa Avedano, ambientalista colombiana, coordinatrice di Censat Agua Viva e amministratrice del Movimento Ríos Vivos Colombia (che sarà ospite a Trento il 24 novembre presso la sede del Centro Cooperazione Internazionale durante il convegno “Donne In Difesa Di”). Donne quindi protagoniste di azioni di resistenza e di denuncia e per questi motivi bersagli sempre più frequenti di violenza.

Nel libro guida “I territori, la miniera e noi” a cura di Tatiana Roa Avedano, Rosa Emilia Bermùndez Rico e Karol Ivonne Zambrano Corredor si sottolinea come la difesa del territorio in Colombia oggi faccia i conti con l’estrattivismo. Una pratica che coincide con il deturpamento del territorio, lo sfruttamento incondizionato delle risorse naturali e lo sradicamento delle comunità. Per promuovere un modello economico neoliberista le industrie, e gli interessi pubblici e privati che vi ruotano attorno, hanno bisogno di sradicare e delocalizzare le comunità. Minacciare, colpire e criminalizzare chi si oppone a questo modello economico rientra in un’intenzionale strategia politica basata sulla violenza.