Il commercio delle armi dell’Arabia Saudita

a cura di Alice Pistolesi

L’Arabia Saudita è per molti un grande partner commerciale nel settore delle armi. Il Paese, infatti si è collocato al secondo posto per volume di importazioni, subito dopo l’India nel periodo compreso tra il 2013 e il 2017. Un argomento noto, ma tornato d’attualità dopo la morte del giornalista Jamal Khashoggi all’interno dell’ambasciata di Riad ad Ankara che ha ricordato al mondo come Riad non sia solo una delle piazze più importanti del petrolio ma anche un attore primario sulla scena del commercio delle armi.

A ribadirlo è uno studio dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), che monitora il volume d’affari del traffico di armi. Nel quinquennio analizzato dal report, già analizzato del dossier ‘Pianeta armato: il rapporto Sipri’, le importazioni di armi nel Paese sono aumentate del 225% rispetto al quinquennio 2008-2012.

Ma chi sono i principali partner dell’Arabia Saudita nel settore militare?

I principali Paesi che esportano le armi in Arabia Saudita sono gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, i cui volumi di esportazioni verso il Paese mediorientale si aggirano rispettivamente intorno al 61% e al 23%. Cifre rilevanti riguardano poi i commerci con l’Italia e la Spagna.

Secondo il ricercatore del Sipri, Pieter Wezeman, infatti: “al momento, Usa ed Europa rimangono i principali esportatori di armi nella regione e hanno fornito il 98% delle armi importate dall’Arabia Saudita”.

Le esportazioni non si sono quindi fermate nonostante il 5 ottobre 2017, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, aveva inserito la coalizione all’interno della lista nera di colore che violano i diritti dei bambini nelle aree di conflitto.

La coalizione veniva accusata di aver ucciso e mutilato i bambini in Yemen e di aver distrutto edifici civili, quali scuole e ospedali. Al momento, l’Arabia Saudita è infatti impegnata nel conflitto in Yemen, dove combatte contro gli Houthi. Riad  nella guerra yemenita si colloca a capo della coalizione araba, che comprende anche Bahrein, Egitto, Kuwait, Sudan ed Emirati Arabi Uniti.

*Nella foto sottostante un volo di rifornimento di armi in partenza dalla Sardegna (tratta da Sardiniapost.it)

Usa-Arabia: la maxi vendita

Nel marzo 2018 il Dipartimento di Stato americano ha annunciato di aver approvato un contratto per la vendita di armi all’Arabia Saudita del valore di circa 670 milioni di dollari. Il contratto include 6.700 missili Raytheon, oltre a pezzi di ricambio per i carri armati e gli elicotteri costruiti negli Stati Uniti e già in possesso di Riad.

L’accordo è stato siglato il 22 marzo, poco dopo l’incontro tra il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, e il segretario della Difesa americano, James Mattis.

Durante l’incontro Mattis aveva ribadito l’importanza delle relazioni tra Riad e Washington nel campo della difesa e della cooperazione militare per combattere le organizzazioni terroristiche internazionali. Durante la sua visita il principe saudita aveva incontrato anche il presidente Usa Donald Trump.

Un precedente accordo, nel 2017 era stato siglato dal sovrano del Regno, re Salman e dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. In quella occasione i due Stati avevano concluso un accordo 110 miliardi di dollari.

Stando a quanto aveva dichiarato dal Pentagono, Riad aveva da quell’accordo acquistato da Washington 180 semoventi di artiglieria Howitzer M109A5/A6 per convertirli in 177 sistemi di artiglieria Paladin M109A6, oltre a supporto tecnico, pezzi di ricambio e altri elementi correlati.

Ma gli accordi commerciali e militari tra i due paesi non sono iniziati con Trump. Gli Stati Uniti infatti avevano intrapreso la politica di sostegno militare e di intelligence nei confronti della campagna saudita in Yemen sotto l’amministrazione Obama.

La base legale che aveva giustificato l’intervento americano nel conflitto yemenita era l’Autorizzazione dell’uso della forza militare (AUMF), che consentiva “l’uso della forza” contro tutte “le nazioni, le organizzazioni e le persone che si ritiene abbiano pianificato, autorizzato, commesso o sostenuto gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001”.

Nel 2016, però, dopo che l’Arabia Saudita aveva utilizzato le armi per bombardare i civili durante un funerale, causando la morte di 150 persone e il ferimento di altre 600, Washington aveva fermato la vendita di armi. Con Trump la posizione degli Stati Uniti  è nuovamente cambiata.

Bombe sarde in Arabia

Il mercato delle armi è di primaria importanza per l’Italia che rimane uno dei principali esportatori a livello mondiale. L’Arabia Saudita è uno dei principali clienti.

Oltre 45 milioni di euro di bombe italiane sarebbero state vendute nel 2017 all’Arabia Saudita. Una fornitura record la piccola azienda di Domusnovas in Sardegna, dove la Rwm Italia produce bombe aeree del tipo MK 82. MK83 e MK84 per conto della multinazionale tedesca Rheinmetall.

Ai conti in armi italiane per l’Arabia Saudita vanno poi aggiunti altri 245 milioni di euro per gli Efa “Al Salam” e i Tornado “Al Yamamah” riportati nei programmi intergovernativi.

L’utilizzo effettivo di bombe made in Italy nel conflitto è stato confermato dal Rapporto delle Nazioni Unite sulla guerra nello Yemen dello scorso 27 gennaio, dove si mostrano le prove dell’utilizzo di bombe targate RWM da parte della coalizione araba nella capitale Sana’a.

Dei commerci con l’Arabia Saudita non si trova però traccia nella “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento per l’anno 2017” pubblicata il 4 maggio 2018 sul sito del Senato.

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