Il dossier statistico immigrazione 2020

Ha compiuto trent’anni il dossier statistico immigrazione, il lavoro di ricerca che ogni anno realizza Idos in partenariato con il Centro studi Confronti con il contributo di quasi 100 autori scelti tra i più esperti e aggiornati in Italia.

In questo dossier riportiamo alcuni dei tratti della ricerca 2020, presentata a Roma il 28 ottobre, sottolineandone alcuni aspetti.

Per scaricare il dossier 2020

Integrazione: alcuni segnali positivi

Sul piano dell’integrazione degli stranieri il dossier statistico riporta alcuni dati incoraggianti. Quasi 3 ogni 5 soggiornanti non-Ue (il 56,9%, pari a 2.058.000 persone) sono titolari di un permesso di lungo soggiorno, cioè di uno status legale stabile non soggetto a periodico rinnovo. I restanti soggiornanti a termine (1.558.000), ben 4 su 5 (il 79,1%) sono in Italia per motivi di famiglia e lavoro non stagionale, quindi con un’intenzione di insediamento stabile.

In crescita poi anche il numero e l’incidenza dei matrimoni misti: circa 23.900 nel 2018: +4,4% rispetto all’anno precedente, il 12,2% di tutti i 195.800 matrimoni celebrati nello stesso anno, contro una media del 9% degli anni precedenti.

Gli stranieri che nel 2019 hanno acquisito la cittadinanza italiana (127.000) appaiano in crescita rispetto all’anno precedente (+14.500), interrompendo così il progressivo calo iniziato dal 2016 (quando si toccò la cifra-record di circa 201.600 acquisizioni). Tra loro sono però ancora esclusi i 63.000 nuovi nati in Italia da coppie straniere, che rappresentano il 15% delle suddette 435.000 nascite complessive registrate nell’anno in Italia.

Tra queste “seconde generazioni” vanno annoverati anche i 553.000 alunni stranieri nati in Italia, che costituiscono ormai quasi i due terzi (64,5%) dei totali 858.000 studenti non italiani iscritti a scuola (a.s. 2018- 2019), arrivati a incidere per il 10,0% sull’intera popolazione scolastica nazionale.

Il lavoro

Gli stranieri in Italia hanno più alto, rispetto agli autoctoni, sia il tasso di occupazione (61,0% contro 58,8%) sia quello di disoccupazione (13,8% contro 9,5%). Questo dato attesta, secondo la ricerca, la maggiore labilità e temporaneità degli impieghi, spesso a singhiozzo, loro riservati (sono sottoccupati per il 6,8%, contro il 3,3% dei lavoratori italiani).

In effetti, “il mercato del lavoro italiano appare ancora rigidamente scisso su base “etnica”, con le occupazioni più rischiose, di fatica, di bassa manovalanza, precarie e sottopagate massicciamente riservate agli stranieri, che vi restano inchiodati anche dopo anni di servizio e di permanenza nel Paese”.

Circa 2 su 3 di essi svolgono lavori non qualificati o operai (63,3%, contro solo il 29,6% degli italiani), mentre ha un impiego qualificato solo il 7,6% (tra gli italiani ben il 38,7%). Una situazione che migliora solo parzialmente tra chi detiene un titolo elevato di studio: se laureati, infatti, gli stranieri svolgono professioni a bassa qualificazione “solo” nel 28,8% dei casi (a fronte di appena l’1,9% degli italiani).

In particolare, gli stranieri incidono per meno del 2% tra gli impiegati dei servizi generali delle amministrazioni pubbliche, degli istituti di credito o assicurativi, del mondo dell’informazione e comunicazione e di quello dell’istruzione; ma per quasi un quinto tra i lavoratori dell’agricoltura (18,3%), del comparto alberghiero-ristorativo (17,7%) e dell’edilizia (17,6%), per oltre un terzo tra venditori ambulanti, facchini, braccianti, manovali e personale non qualificato della ristorazione; e per ben il 68,8% tra quanti lavorano nei servizi domestici e di cura alla persona, dove trova impiego ben il 40,6% delle donne straniere occupate (il 42,4% degli uomini stranieri, invece, lavora nell’industria o nell’edilizia).

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