La conquista dell’Africa. La rincorsa europea (2)

a cura di Alice Pistolesi

L’Unione Europea è stata ed è un partner economico e politico chiave per il continente africano. Nel 2015 dall’Africa proveniva il 9% dei beni importati in Europa, per un totale di 132 miliardi di euro (61,6 miliardi di euro di soli prodotti energetici), mentre in Africa erano dirette l’8% delle esportazioni europee (per lo più veicoli e macchinari) per un valore di 154 miliardi di euro.

Ma il rapporto non si può ancora considerare paritario, anzi potremmo affermare che il colonialismo europeo in Africa non si è mai concluso. Alcuni paesi europei, a partire dalla Francia (vedi approfondimento 1), controllano e plasmano tuttora la vita di milioni di africani.

Gli osservatori sostengono che numerosi accordi siglati in anni recenti dall’Unione Europea in Africa si sono rilevati dannosi per le popolazioni locali.

Tra le criticità rilevate ci sono forme di concorrenza sleale che si sono venute a creare e la riduzione dei commerci intra-africani.

Un caso è quello dell’accordo firmato il 24 febbraio 2014 dall’Ue e dalla Economic community of west african states (ECOWAS) di cui fanno parte Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea, Guinea-Bissau, Mali, Niger e Senegal.

La Banca centrale di ciascuno di questi paesi è costretta dall’accordo a mantenere almeno il 50% delle proprio riserve valutarie in un conto operativo controllato dal ministero del Tesoro francese, nonché un altro 20% a copertura delle passività finanziarie.

Inoltre ancora oggi i Franchi Cfa, sono utilizzati come valute ufficiali in 14 paesi dell’Africa Occidentale e Centrale. Peccato però che non possano essere convertiti in nessun’altra moneta che non sia l’euro, escludendo in questo modo questi paesi dal Forex (Foreign exchange market), il più grande mercato al mondo.

Un’indagine da segnalare è poi quella denominata “West Africa leaks” Pubblicata dall’International consortium of investigative journalists (ICIJ) il 22 maggio 2018.

Basata su 27 milioni di documenti riporta analisi e modalità attraverso cui funzionari governativi, uomini d’affari e mercanti di armi hanno sottratto, tramite conti off-shore, centinaia di milioni di euro da alcuni dei paesi più poveri dell’Africa Occidentale. La maggior parte di questi conti sarebbero ricollegabili a società e uomini d’affari europei e statunitensi.

Qui la prima parte del ciclo di dossier “La conquista dell’Africa”.

In Africa i rifiuti d’Europa

L’Africa è terra di approdo dei rifiuti europei. Ghana e Nigeria sono i Paesi in cui arrivano illegalmente la maggiorparte dei rifiuti tossici.

In Ghana, ad esempio, si trova la più grande discarica di rifiuti elettronici del mondo. Rifiuti che provengono, per la maggior parte, da Europa e America.
La discarica di Agbogbloshie non è solo un sito enormemente inquinante ma è anche un problema per chi ci lavora. Le migliaia di persone che ruotano attorno alla discarica, infatti, sono quotidianamente esposte a sostanze tossiche come mercurio e cadmio. I diritti di queste persone sono pochi e sono quasi del tutto assenti le misure di protezione.
Tonnellate di rifiuti illegali ed elettronici arrivano anche in Nigeria. Un rapporto, pubblicato da Environmental Health News svela che nel 2015 e nel 2016 sono state inviate nel Paese oltre 66mila tonnellate di materiale elettronico usato, di cui circa un quarto di questo era illegale.

Secondo lo studio sarebbe proprio l’Unione europea ad aver inviato in Nigeria circa il 77 per cento dell’elettronica usata. Gli Stati Uniti rappresentano invece il 7 per cento.
Un altro dossier, intitolato The rise in environmental crimes. A UNEP-INTERPOL rapid response assessment e redatto dal  centro norvegese RIHPTO (Norwegian Center for Global Analyses)  riporta dati e rotte dei traffici illegali, concentrandosi sulle rotte navali.
È via mare, infatti, che la maggior parte dei rifiuti pericolosi illeciti arrivano in Africa oppure finiscono direttamente scaricati nelle acque dei mari e degli oceani.

Uno scandalo italiano su questa materia è stato scoperto nel febbraio 2018, quando i carabinieri forestali del Gruppo di Bari hanno arrestato tre imprenditori per traffico internazionale organizzato di rifiuti pericolosi tra Italia, Egitto, Iran e Libia.

Secondo l’accusa gli arrestati, insieme alle persone denunciate, avevano costituito un’organizzazione che esportava all’estero veicoli fuori uso interi: semirimorchi, autocarri cassonati e furgonati anche adibiti ad usi speciali come mezzi frigorifero e betoniere mai sottoposti alle operazioni di trattamento previste.

A regolamentare la materia dal punto di vista legislativo c’è la Convenzione di Basilea che vieta ai firmatari, tra cui Italia e Francia, di esportare rifiuti pericolosi verso altri paesi. In Africa il testo è stato recepito con la convenzione di Bamako, adottata nel 1996, per applicare i principi definiti a Basilea.
I paesi africani aderenti alla convenzione prevedono l’iscrizione nella lista dei rifiuti tossici anche delle sostanze pericolose vietate per la loro tossicità nei paesi di produzione.

La riscossa di Berlino e Parigi

“In Africa si gioca il futuro del mondo”. A pensarla così è il Presidente Macron che, alla Conferenza degli ambasciatori, ha ribadito i suoi interessi nel Continente africano. Interessi, sia quelli francesi che quelli tedeschi, che secondo alcuni ricordano come attivismo geopolitico il periodo coloniale.

I due Paesi hanno aperto un fondo Franco-Tedesco per il rilancio dell’Unione Europea in Africa. Nel 2017 Macron ha varato il primo Consiglio Presidenziale per l’Africa con l’intento di ripensare i rapporti con il Continente e soprattutto con le ex colonie.
A Berlino nel marzo 2018 si è svolto il primo forum economico Germania-Africa che ha coinvolto piccole e medie imprese tedesche, pronte a sbarcare sul Continente africano in cerca di affari.

Anche le politiche finanziarie di gran parte del Continente sono ancora collegate alla Francia. Ancora oggi, infatti, 14 stati dell’Africa Occidentale utilizzano il Franco CFA, ovvero il Franco delle Colonie Francesi d’Africa, modificato poi in Comunità francese d’Africa.

Dal punto di vista militare la Francia ha in Africa circa 3100 soldati stanziali nelle basi: in Senegal, in Costa d’Avorio, in Gabon e nella base strategica di Gibuti. Altri 4mila sono poi impegnati nell’operazione Barkhane tra Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad.
Le Germania è invece impegnata in Africa con la missione Onu Minusma, attiva in Mali e Senegal e che impiega 968 soldati tedeschi.

Tags: