La politica delle armi negli Stati Uniti

a cura di Alice Pistolesi

La politica estera, così come quella interna, degli Stati Uniti continua ad avere nel settore delle armi il suo perno.

Nella classifica dei Paesi che hanno più investito in armi nel 2017 redatta dal Sipri (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma) gli Stati Uniti sono ancora saldamente in testa. Le spese militari sono rimaste immutate rispetto al 2016 e ammontano a 610 miliardi di dollari. Con questa cifra gli Stati Uniti da soli contribuiscono alla spesa militare globale per il 35%.

Partendo da questi dati, già analizzati nel dossier ‘Il Pianeta armato. Il rapporto Sipri’, in questo approfondimento si punta a leggere questi numeri (e altri) nell’ottica della politica estera americana dell’amministrazione Trump. Una politica che reagisce armandosi e sanzionando a livello economico quei Paesi considerati ostili.

La fine del patto

La politica di tensione attuata dagli Stati Uniti nei confronti della Russia e dei suoi alleati si materializza anche nella decisione di Trump di uscire dal Trattato sulle forze nucleari intermedie (Inf) sottoscritto nel 1987 dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica con Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov.

L’annuncio è arrivato nell’ottobre 2018 durante una visita elettorale in Nevada. A giustificare l’uscita, secondo il presidente Usa, il fatto che la Russia avrebbe “violato per molti anni” l’accordo e ha aggiunto che gli Stati Uniti ora “svilupperanno queste armi”. A confermare l’intenzione, poi, la visita di John Bolton, il Consigliere per la sicurezza nazionale, uomo di fiducia nominato da Trump, arrivato a Mosca per comunicare l’intenzione di stracciare il trattato.

L’accordo rappresentò un passo fondamentale per la fine della Guerra Fredda. Tramite l’Inf vennero distrutti 2.692 missili, 846 americani e 1.846 russi. Il trattato vieta i missili terrestri balistici o cruise (da crociera) con una gittata compresa tra 500 e 5.500 chilometri. Secondo l’opinione dei giornalista Gwynne-Dyer riportata da Internazionale ai russi si contesta l’installazione su un lanciamissile terrestre di un missile cruise, il Kalibr, che ha una gittata di quasi 2.500 chilometri.

Proprio contro il Kalibr l’ex presidente Barack Obama aveva protestato nel 2014, ritenendo però non opportuno ritirarsi dal patto dal momento che i russi lo avevano sì violato sviluppando e testando i missili da crociera terrestri, ma non li hanno davvero messi in campo.

Consegne armate anti-cina

Per l’amministrazione Trump la Cina è un paese rivale. Per questo, oltre alle manovre economiche sui dazi, gli Stati Uniti hanno usato anche lo strumento del trasferimento di armi a Paesi nemici per controbilanciare la crescente influenza cinese.

Stando ai dati forniti dal rapporto Sipri (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma) le consegne di armi statunitensi in India sono cresciute del 557 per cento tra il 2008 e il 2017.

“Questo sviluppo – rileva il rapporto – fa parte del crescente partenariato strategico tra i due paesi in cui gli Stati Uniti hanno iniziato a fornire all’India attrezzature militari avanzate”. La Cina e l’India sono coinvolte in una disputa frontaliera sulla regione del Doklam sull’Himalaya. Nonostante l’impegno statunitense, comunque, Mosca continua ad essere il principale rifornitore di armi del Paese.

Secondo un rapporto del 2017 del Royal Institute of International Affairs del Regno Unito, Nuova Delhi era responsabile del 10,3% delle importazioni globali di armi tra il 2000 e il 2016, con la Russia che riforniva il 72% di quelle importazioni. Gli Stati Uniti hanno però recuperato quote del mercato indiano, diventando il secondo maggiore fornitore di armi del paese asiatico, davanti a Israele.

Un altro passo strategico è quello verso il Vietnam con il quale gli Usa hanno avviato una stretta cooperazione in materia di sicurezza. Hanoi è coinvolta in una controversia con Pechino sul Mar Cinese meridionale. Nel 2017 gli Usa hanno poi consegnato al Paese asiatico una nave pattuglia, la USS Morgenthau.

Secondo il Sipri le tensioni tra Cina e Giappone nel Mar Cinese Orientale hanno fatto sì che Tokyo si sia riavvicinato agli Usa. Il Giappone ha richiesto agli Stati Uniti diversi tipi di armi avanzate tra il 2013 e il 2017, compresi aerei da combattimento e sistemi di difesa aerea e missilistica.

Secondo lo stesso principio che porta all’incremento di esportazioni in armi e in cooperazione militare quando ci sono interessi simili, avviene il contrario quando il rapporto si deteriora. Questo vale per il Sud America, a partire dal Venezuela. Se Caracas una volta si affidava agli Stati Uniti come principale fornitore di armi, dall’arrivo di Hugo Chavez, ha ricostruito le sue forze armate con armi provenienti dalla Cina e dalla Russia.

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