Dossier / Nell’UE continuano a crescere i crimini d’odio

“Nell’UE, seguendo le tendenze del 2020, i crimini d’odio razzista sono continuati a crescere nel 2021”. A dirlo è l’apposito capitolo dell’ultimo report annuale dell’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA), che a partire dal 2003 ha preso il testimone nel Vecchio Continente dell’ormai defunto Osservatorio Europeo dei Fenomeni di Razzismo e Xenofobia (EUMC) istituito a Vienna nel giugno del 1997. La pandemia da Covid-19, ancora secondo il FRA, ha inoltre fatto aumentare anche l’incitamento all’odio che avviene online, con la tastiera di un computer o tramite lo schermo touch di uno smartphone. “Nei primi sei mesi del 2021, l’Austria ha ufficialmente registrato un totale di 443 incidenti razzisti/xenofobi, antisemiti, anti-musulmani e altri correlati, in aumento di circa un terzo rispetto al 2020”, rileva la citata pubblicazione dell’Agenzia che raccoglie i dati a livello comunitario. Anche in Danimarca “crescita del 12 % dei crimini d’odio, con molti casi collegati alla pandemia da Covid-19”. In Finlandia, “i crimini xenofobi e antisemiti, costituiscono il 65% di tutti gli episodi d’odio segnalati nel 2020”. In Spagna +9% dal 2019 al 2021. Con il governo di Madrid che “ha inoltre espresso preoccupazione per un aumento del 57% degli episodi di antiziganismo (pregiudizio e odio generalizzato verso rom, sinti e altri gruppi, nda) tra il 2019 e il 2020”. In Belgio, “l’organismo nazionale per la parità ha evidenziato un aumento del 50% degli episodi di razzismo nel 2020”. Mentre la Francia ha indicato una crescita della xenofobia nei confronti di asiatici e musulmani. Dati ufficiosi provenienti da organizzazioni della società civile, raccolti ancora dall’Agenzia FRA dell’UE, riportano di 3.039 episodi di razzismo avvenuti in Austria nel 2020, ben 1.089 in più rispetto all’anno precedente. Con una crescita di quelli ai danni dei musulmani aumentati del 33,4% (numeri sempre non governativi). C’è poi l’Irlanda, dove nel 2021 i dati raccolti dalla società civile “riflettono il maggior numero di episodi di razzismo registrato dal 2013, con 51 aggressioni nel 2020”. Con le vittime che “evitano di denunciare alle forze dell’ordine”. Meno della metà degli episodi di razzismo (il 43%) segnalati dalle persone all’Irish Network Against Racism (INAR), una rete nazionale irlandese di organizzazioni della società civile contro il razzismo, sono infatti stati riportati anche alla polizia, evidenzia l’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali. Lo stesso avviene in Spagna, dove “secondo un sondaggio, solo una vittima su 10 di reati d’odio ha denunciato”, non credendo che la polizia avrebbe preso seriamente in considerazione l’episodio, per mancanza di fiducia nelle forze dell’ordine, per paura di ritorsioni o mancanza di consapevolezza. Risultati simili a quelli di un’altra analoga indagine condotta tra i migranti in Slovacchia. 

* Foto © TheVisualsYouNeed/Nicoleta Ionescu/Shutterstock.com

(Red/Est/ADP)

Discriminazione al lavoro

I dati raccolti dell’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) “rivelano una diffusa discriminazione ai dannidelle minoranze etniche e dei lavoratori migranti”. In Germania, un’indagine alla quale hanno partecipato 19.000 persone, ha mostrato che quelle “con un background migratorio rischiavano di perdere il lavoro a causa della pandemia da Covid-19 in media il 50% in più rispetto ai non migranti occupati nello stesso settore e professione”. In un altro sondaggio online (campione di 4.098 intervistati) sulle esperienze di discriminazione delle persone di colore in Germania, otto su 10 hanno denunciato episodi di razzismo sul lavoro nei due anni precedenti. Ad Anversa, in Belgio, dei ricercatori hanno inviato 2.880 domande in risposta a 1.440 annunci di lavoro. I risultati hanno mostrato che i candidati con un nome “non fiammingo” hanno avuto il 17% in meno di possibilità di ricevere una risposta positiva rispetto a quelli con un nome “che risuonava fiammingo”.

Discriminazione a scuola e per l’alloggio

L’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) ritiene di aver raccolto prove di discriminazione contro minoranze etniche e migranti anche nell’istruzione. Un sondaggio condotto in Irlanda dall’Higher Education Authority (campione di 3.323 persone) ha mostrato che oltre un terzo del personale proveniente da gruppi etnici minoritari è stato oggetto di discriminazione razziale e/o etnica nei campus o online durante il proprio lavoro, rispetto al 16% di intervistati appartenenti alla categoria “altri bianchi” e al 3% di “irlandesi bianchi”. In Danimarca, per cercare di far cambiare scuola ai propri figli, il 25% dei genitori con un nome che “suona danese” ha ricevuto una risposta positiva a trasferire i propri figli negli istituti messi alla prova, rispetto al 15% dei genitori con un nome “musulmano”. Nei Paesi Bassi, dei test simulati hanno mostrato che chi ha un background migratorio ha meno possibilità di ottenere uno stage presso un istituto superiore professionale. Ancora in Olanda, nel mercato immobiliare, un altro esperimento condotto ha evidenziato che le persone con un “accento polacco” o con un nome che suona marocchino” vengono invitati meno ad andare a vedere un alloggio in affitto, rispetto a quelli che sembrano “olandesi”.

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