Odessa-Chisinau: si fugge e si torna

Foto: Maria Novella De Luca
Testi: Alice Pistolesi
logo-per-internet-footer-1-e1488465079413

A Odessa si respira attesa. È una città sospesa, di arrivi e di partenze. Si arriva a Odessa da molte delle città ucraine in cui imperversa la guerra. Da Mariupol, da Mykolaïv, dal Donbass. Odessa è sia una tappa per chi vuole raggiungere l’Europa, sia una meta per chi decide di restare per un po’.

Nella città sono attivi vari punti di accoglienza. Alisa, 32 anni è una web designer di Odessa e una volontaria in uno dei centri.

“Qui arrivano persone di ogni età. Questa situazione è terribile e non riesco a pensare che stia accadendo realmente. Non avrei mai immaginato potesse succedere ancora nel Ventesimo secolo. Le persone che arrivano qua avevano una buona vita nei luoghi in cui vivevano e ora, guarda, aspettano in fila per giorni, senza sapere cosa accadrà”.

“Sono arrabbiata”. Dice tra le lacrime.

Karina e il marito Vladimir vengono da Mariupol.

“Non abbiamo più la nostra casa. Non abbiamo un posto dove ritornare e la città è totalmente chiusa. Il nostro piano è di restare a Odessa fin quando possiamo. Abbiamo lasciato la città senza corridoi umanitari, sotto i bombardamenti. Anche nel 2014 la nostra casa era stata un po’ danneggiata ma abbiamo comunque deciso di stare lì per questi otto anni. Non è stata la scelta giusta”.

Prima della guerra Karina era psicologa per bambini, mentre Vladimir lavorava in un mobilificio che poi è stato chiuso.

Ma c’è anche chi a Odessa ritorna. La tratta di autobus Chisinau-Odessa resta attiva. I bus partono pieni da Odessa e ripartono (quasi vuoti) da Chisinau. Ad occuparli chi ha deciso di rientrare in Ucraina: per restare o per prendere alcune cose o ancora fare un esame all’università o una visita medica. Una città portuale che resta luogo di approdo e partenza.

La Moldavia è per molti una tappa di passaggio verso altre mete europee. Per altri un approdo. Secondo le stime del Ministro degli Esteri Nicu Popescu nel Paese sono entrate tra le 400 e le 500mila persone, a fronte di una popolazione di appena 3milioni di abitanti. E potrebbero essere molti di più: “Se il fronte russo avanzasse – dice Marco Buono, capomissione Intersos in Moldavia – la città di Palanca, soli 60km da Odessa, diventerebbe una porta sull’Europa e potrebbe essere attraversata da oltre 500mila ucraini. Siamo in costante allerta”. Il Governo moldavo gestisce l’accoglienza accanto alle ong e alle associazioni umanitarie, molte sono le persone accolte nelle famiglie. I centri di accoglienza sono gestiti principalmente dalla chiesa cattolica e ortodossa.

Nel centro di accoglienza Bucuria a Vadul lui Vodă (a circa 20 chilometri da Chisinau), gestito dal sindacato moldavo, si trovano circa 100 persone. È una località turistica, un centro balneare e termale trasformato in spazio di accoglienza dalla fine di febbraio 2022.

Lidia, 70 anni, è arrivata qui tramite alcuni volontari insieme alla figlia e ai nipoti. “Non abbiamo concrete informazioni su cosa accade a Odessa, vediamo solo notizie dalla tv. L’atmosfera in città non è buona, sappiamo che le spiagge sono minate e che si spara. Il marito di mia figlia è in una qualche brigata di difesa della città”.

Ludmilla e Valeri (72 e 75 anni) si trovano nel centro gestito dalla comunità dei salesiani Don Bosco, nei pressi di Chisinau. La coppia arriva da Mykolaïv.

“Quando hanno iniziato a sparare non avevo paura, ma mia moglie ha reagito male, aveva dolore al cuore e ha insistito per andare via”.

“Ci troviamo qui nella nostra data più importante. Oggi festeggiamo il nostro anniversario, 50 anni insieme. Stiamo bene ma vogliamo tornare a casa. Abbiamo vissuto 50 anni a Mykolaïv, ci piaceva il nostro giardino, stare con i nostri nipoti, i pronipoti. Qui vediamo gli alberi e i primi insetti svegliati dalla primavera e sentiamo questa pressione perché non possiamo prenderci cura del loro giardino. Gli insetti saranno felici, sapendo che non potrò usare l’insetticida su di loro quest’anno”.

Il dolce ricordo di casa. Un sentimento comune per chi è costretto a lasciare tutto.

La storia del reportage

Le foto sono state scattate in Moldavia e nella città di Odessa in Ucraina nell’aprile 2022