Parte oggi per l’Ucraina la terza carovana di pace

Cinquanta attivisti di StoptheWarNow verso Odessa e Mykolaiv

Parte oggi dall’Italia la terza carovana organizzata da StoptheWarNow, l’estesa coalizione italiana contro la guerra in Ucraina che oltre al pensiero ci mette anche il corpo fisico: Gianpiero Cofano, uno dei responsabili, la racconta cosi: “Stopthewarnow, questa volta ha risposto a un invito diretto delle organizzazioni della società civile di Mykolaiv che ci hanno chiesto aiuti ma ci hanno invitato a passare dei giorni anche nei rifugi, proprio per condividere la paura dei continui bombardamenti che ormai avvengono ogni 3/4 ore. Il tutto per non restare da soli. Ovviamente è una scelta molto più rischiosa rispetto alle passate edizioni (in aprile a Leopoli e in giugno a Odessa Mykolaiv ndr) e sinceramente non pensavo che ben 50 persone aderissero vista la situazione. Invece la nostra società civile sembra volersi davvero impegnate nella costruzione dei corpi civili di pace, corpi umani che si vogliono spendere e rischiare per la pace”.

“Stopthewarnow continua a ribadire con la sua modalità che vuole stare vicino a chi subisce, a chi non sa se rivedrà intera la sua casa, se avrà da magiare e da bere, se non sarà vittima delle bombe a grappolo….Scegliamo nuovamente il fronte – aggiunge Cofano –  e non i caffè in centro a Kiev per la passerella. E gridiamo ancora più forte nonostante le autorità italiane sconsiglino di andare in Ucraina perché chiediamo con forza l’apertura di trattative di pace. L’inverno sarà ancora più duro dell’estate per chi vive sul fronte senza acqua e servizi. Lo sforzo di negoziazione dobbiamo lasciarlo solo alla Turchia e ai suoi interessi?”

Cofano è a capo dell’associazione Papa Giovanni XXIII cui si deve l’inizio di queste maratone umanitarie e pacifiste e la nascita di una coalizione che somma 175 associazioni italiane. I cattolici sono tanti tra i 50 partecipanti che oggi partono dall’Italia  per Mykolaiv. Tra loro c’è anche monsignor Ricchiuti, vescovo di Altamura e presidente di Pax Christi, un sacerdote che preferisce firmarsi Don Giovanni. “Porterò il saluto dei vescovi italiani e andrò convinto che la presenza fisica sia importante sia per testimoniare solidarietà sia per portare un messaggio: non solo contro la guerra e per il dialogo e il negoziato ma anche perché solo una fratellanza universale potrà salvarci”. Pax Christi non è nuova a queste attività: “Nel 2015, ai miei esordi con Pax Christi, andai a Gaza per gli stessi motivi – dice Ricchiuti – e se fosse possibile andrei anche a Mosca perché purtroppo chi soffre è anche lì, con il prezzo pagato di oltre 40mila soldati morti”. Don Giovanni non si nasconde le difficoltà specie con la Chiesa locale schierata su posizioni interventiste: “Non siamo ingenui, sappiamo cosa è la guerra e comprendiamo le ragioni di chi vive in Ucraina ma questa complessità va affrontata proprio dove la guerra ha messo radici. Sono felice di farlo alla vigilia del 60mo anniversario dell’Enciclica Pacem in Terris”.

Qualche critica non manca: “Questa ennesima missione mi pare fragile sul piano politico – confessa Antonio, un “cane sciolto” aderente alle iniziative di StoptheWarNow – anche perché non vedo la ricaduta nel nostro Paese di attività che si profilano soprattutto se non solamente come umanitarie. Benissimo, ma servirebbe un’elaborazione politica e prese di posizione chiare”. In realtà qualcosa si muove nel mondo laico che finora ha semplicemente aderito forse un po’ per mettere ordine proprio in quella complessità cui accennava Ricchiuti e che attraversa il movimento per la pace.

Sempre nella cornice di StoptheWarNow, un’iniziativa a fine settembre la sta mettendo in piedi Un Ponte per, associazione molto presente in Medio oriente e che ha fatto scuola nel costruire ponti tra società civili lontane fisicamente ma non idealmente. Ci saranno incontri con obiettori e pacifisti ucraini per trovare piattaforme comuni. Molto si muove, parallelamente, anche sul piano sindacale. La Cgil, che aderisce alla coalizione, è appena tornata da un viaggio nel quale ha incontrato gli omologhi ucraini. “Un modo – spiega Sergio Bassoli – per trovare punti comuni e anche per dire che Kiev non può approfittarsi del conflitto per riformare il codice del lavoro verso un modello ultraliberista, portando la settimana lavorativa fino a 60 ore, sospendendo contratti collettivi e salari minimi con l’appoggio della legge marziale”.

(Red/Em. Gio.)

In copertina uno scatto della seconda carovana a Mykolaiv

Vai al sito di StoptheWarNow (che non è aggiornato) ma su cui si può leggere delle prime iniziative

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