Pensieri di Pace. A Natale

"Sotto l’albero dovremmo trovare la capacità di cercare e trovare una traccia concreta:  un buon libretto di istruzioni che ci aiuti, ad esempio, a capire che la distribuzione della ricchezza migliora in assenza di guerra e in presenza di forme di democrazia e diritti"

di Raffaele Crocco

Dato che è Natale. Dato che sarà l’ennesimo Natale di guerre dichiarata e combattuta. Sarà un Natale con migliaia di morti, appesi agli alberi come macabre lucine. Sarà un Natale con nessun Bambin Gesù nato in una qualche grotta di Ucraina, Gaza, Libano, Siria, per citare le guerre più vicine. Dato tutto questo, come facciamo a pensare alla Pace? Cosa posso fare, cosa possiamo fare, per rendere “concreta” l’idea della Pace? Come facciamo a farla uscire dall’angolo delle “buone intenzioni impossibili”, per farla diventare un progetto realizzabile, con un percorso visibile e possibile?

Credo sarebbe questo il vero regalo di Natale: iniziare a capire come possiamo rendere “azione politica” la normalità – o quella che dovrebbe essere la normalità – della Pace. Babbo Natale, sotto l’albero dovrebbe farci trovare la capacità di cercare e trovare una traccia concreta. O almeno, potrebbe farci trovare un buon libretto di istruzioni. Un libretto che ci aiuti, ad esempio, a capire finalmente e in modo netto, che la distribuzione della ricchezza migliora in assenza di guerra e in presenza di forme di democrazia e di garanzia dei diritti umani. Le agenzie internazionali ci dicono che, in situazioni di questo genere, quando c’è davvero la Pace, abbiamo l’innalzamento sensibile del reddito pro capite e un aumento della ricchezza complessiva. Lo stesso vale con la garanzia dei diritti essenziali e con la presenza di un buon stato sociale.

Spesso lo dimentichiamo, ma la ricchezza individuale e collettiva risultano maggiore con uno stato sociale efficiente, perché è proprio questo, attraverso i servizi che garantisce, a livellare la ricchezza collettiva. La prova viene proprio dalla Vecchia Europa. Siamo il mercato più importante e grande del Mondo, pur essendo solo 500milioni. Perché? Perché siamo i più ricchi e siamo quelli con la maggior capacità di spesa individuale. Questo non perché abbiamo tanti milionari fra noi, ma grazie allo stato sociale mediamente funzionate. E’ quello, lo stato sociale, che garantisce a tutti di avere più soldi in tasca, alla faccia di qualche ottuso predicatorie in malafede, fanatico dell’individualismo economico. Quindi, cercare di garantire ovunque nel Mondo il miglioramento delle cure mediche diffuse, dei diritti del lavoro, la garanzia dell’istruzione, la totale parità di genere, significherebbe costruire concretamente un Mondo in Pace. Perché le ragioni della guerra sono tutte nella scelta che facciamo, individualmente e collettivamente, di renderla possibile, accettabile e a volte inevitabile.

La guerra, per esistere, ha bisogno del nostro consenso. E questo folle consenso, questa disponibilità di andare ad ammazzare qualcuno o di farsi ammazzare, nasce dal bisogno che viene creato ogni giorno, allevato con cura da chi vuole la guerra. Così, diciamo sì alla guerra per fame, per disperazione, per povertà, per ignoranza, per la convinzione di non aver altro modo per dare e avere un futuro. Oppure, diciamo sì alla guerra per un malinteso senso del diritto, per una pazza idea di onore e patria, per la convinzione che “i buoni siamo noi”.

Tutto questo affoga il tentativo di costruire concretamente, politicamente un sistema di relazioni e rapporti, un naturale ambiente umano che si possa chiamare Pace. Il regalo di Natale, per tutti, spero sia quello di uscire dalla visione “romantica” della Pace, per darle una dimensione reale, da ambiente sociale e politico. E vorrei che questo regalo arrivasse soprattutto nelle scuole, lì dove da sempre la Pace è subordinata alla Guerra, che resta la grande traccia narrativa. Noi studiamo la storia attraverso le guerre. Forse è il momento di rovesciare tutto e raccontare la storia partendo dalla Pace.

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