Profughi sul confine imbavagliato

La frontiera con la Grecia resta militarizzata: l'appello delle ong sulla sospensione delle richieste d'asilo e di Msf per la promiscuità nei campi profughi nell'ottica della pandemia di Covid-19

Il braccio di ferro Turchia-Grecia sulla pelle dei profughi continua. Venerdì 13 marzo la Turchia ha annunciato che sta provvedendo a riportare con degli autobus a Istanbul, le decine di migliaia di persone arrivate al confine con la speranza di entrare in Europa. Secondo quanto riportato dal New York Times, funzionari greci hanno riferito che il numero di tentativi di attraversamento delle frontiere è diminuito da migliaia al giorno a poche centinaia, e che sono continuati, anche se gli sporadici, scambi di gas lacrimogeni con le forze di sicurezza turche. Secondo il governo greco sarebbero oltre 32mila persone bloccate al confine tra Grecia e Turchia e 231 i migranti arrestati.

Capire cosa sta succedendo al confine è davvero un’impresa. L’area è militarizzata e l’intervento umanitario fortemente limitato, per non dire impossibile. Il 6 marzo 119 ong, tra cui Intesos, avevano infatti rivolto un appello al governo greco, al Parlamento, al Consiglio e alla Commissione Europea, perché “profondamente preoccupate per i recenti sviluppi al confine con l’Evros e le isole del Mar Egeo, dove le persone sono bloccate ai confini dell’Europa, strumentalizzate per scopi politici e soggette a violazioni dei loro diritti”.

In particolare l’attenzione delle organizzazioni va sulla sospensione della richiesta di asilo. “Esprimiamo – scrivono – la nostra ferma opposizione alle recenti decisioni del Consiglio governativo greco per gli affari esteri e la difesa, e in particolare l’adozione del decreto legislativo di emergenza, che prevede la sospensione del diritto di chiedere asilo per tutte le persone che entrano nel Paese e il loro ritorno nei loro paesi di origine o di transito”. L’applicazione di questa disposizione, dicono le ong, “è disumana e illegale in quanto viola il principio fondamentale di non respingimento e comporta responsabilità internazionali per la Grecia e mette in pericolo la vita umana”.

Quello che è avvenuto al confine ha creato più di una tensione tra Turchia e Grecia e di conseguenza con l’Unione Europea. Durante l’incontro a Bruxelles del 9 marzo i leader dell’Unione Europea hanno discusso con il presidente turco Erdogan se l’accordo sui rifugiati sarebbe stato esteso e come ripristinarlo. L’Unione europea nel 2016 aveva infatti deciso di devolvere 6miliardi di euroalle organizzazioni che aiutano i quasi 4milioni di rifugiati siriani in Turchia, in cambio dell’aiuto della Turchia a preservare i suoi confini con la Grecia. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha affermato che l’incontro con Erdogan è stato un “buon inizio” per ripristinare la normalità ai confini greco-turchi. “I migranti hanno bisogno di sostegno, la Grecia ha bisogno di sostegno, ma anche la Turchia ha bisogno di sostegno, e questo implica trovare una strada da percorrere con la Turchia”, ha affermato. “Chiaramente abbiamo i nostri disaccordi, ma abbiamo parlato chiaramente e ci siamo parlati apertamente”.

Sempre sul fronte migranti, questa volta dalle Isole dell’Egeo, è arrivata la proposta dal governo greco di offrire circa duemila euro ad ogni migrante che sarà disposto al rimpatrio volontario al loro Paese d’origine. La misura, riportata dal The Guardian, dovrebbe coinvolgere circa 5mila persone. Il piano dovrebbe essere finanziato con i 700milioni di euro messi a disposizione dalla Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Le operazioni di rimpatrio saranno gestite dall’Oim in collaborazione con Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera.

In tutto questo, da Medici Senza Frontiere arriva un altro grido di allarme per la condizione dei migranti, nell’ottica della pandemia da Covid-19: “ll sovraffollamento e le terribili condizioni di vita negli hotspot sulle isole greche sono la tempesta perfetta per un’epidemia di Covid-19”
“Data la mancanza di adeguati servizi igienico-sanitari e lo scarso accesso alle cure mediche, il rischio che tra gli abitanti dei campi si diffonda il virus è molto elevato. Dopo il primo caso confermato sull’isola, una cittadina greca, l’evacuazione dei campi è diventata più urgente che mai”. “I governi di tutto il mondo – continuano – stanno annullando gli eventi e proibendo gli assembramenti di persone, ma nei campi sulle isole greche le persone non hanno alternative se non vivere attaccati gli uni agli altri. La loro salute è in pericolo. Il Covid-19 può anche essere l’ultima delle minacce che le persone devono affrontare qui, ma le condizioni in cui vivono le rendono più vulnerabili rispetto al resto della popolazione”.

Ad oggi ci sono 42mila richiedenti asilo bloccati nei cinque hotspot sulle isole greche a Lesbo, Chios, Samos, Leros e Kos, originariamente progettati per 5.400 persone. Nel campo di Moira, nell’isola di Lesbo, più di 18.300 persone vivono in una struttura progettata per 2.200, mentre altri si trovano nei vicini uliveti. Migliaia di persone vivono in piccole tende senza elettricità, riscaldamento o acqua calda. I problemi di salute sono in aumento e la carenza di personale medico si fa sempre più evidente. Circa l’85% degli arrivi del 2019 proveniva da Afghanistan e Siria, ma anche da Iraq, Palestina, Somalia, Repubblica Democratica del Congo. Secondo Msf “chiedere la loro evacuazione in un periodo di epidemia può spaventare, ma costringere le persone a vivere in campi sovraffollati, senza protezione, sta diventando criminale. Il governo greco e gli stati membri dell’Unione Europea devono agire il prima possibile e trasferire la maggior parte dei richiedenti asilo in sistemazioni adeguate prima che sia troppo tardi”.

di Red/Al.Pi.

*In copertina un’immagine del confine greco-turco tratta da Twitter

#NoiRestiamoaCasa

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