Pugno di ferro al confine

Trump lancia un’offensiva senza precedenti contro i migranti centroamericani. Sospende da subito gli aiuti Usa a Guatemala, Salvador e Honduras. Minaccia di chiudere i valichi col Messico. La polizia di frontiera viene dirottata nel deserto a catturare chi cerca di varcarla. Malgrado ciò è record di entrate illegali

Maurizio Sacchi

“Perchè vogliamo chiudere il confine? Abbiamo bisogno del personale dei posti di frontiera, per pattugliare il deserto nelle zone scoperte dal muro”. Lo ha dichiarato in un’intervista  alla ABC Mick Mulvaney, capo dello staff della Casa Bianca, che ha difeso la minaccia, lanciata dal presidente Donald Trump, di sospendere, da subito, l’assistenza a tre paesi centroamericani. Si tratta del cosidetto “Triangolo del Nord”, cioè Salvador, Guatemala e Honduras.

Gi Stati Uniti spendono circa $ 620 milioni all’anno per programmi di prevenzione delle gang e altre iniziative volte a sostenere la società civile in questi tre Paesi. Il taglio degli aiuti dovrebbe scattare una settimana dopo l’annuncio, il 7 aprile. E Trump ha già detto che ci vorrebbe “qualcosa di drammatico” per cambiare la sua decisione. Ovviamente, gli operatori e l’opposizione americani hanno fatto notare che questi tagli dovrebbero portare a un aumento dell’immigrazione, e non il suo contrario.

Per quanto riguarda i governi dei tre Paesi, non è ina novità che abbiano prodotto in questi anni soprattutto un innalzamento del  livello di corruzione e di inefficienza. La Cicig -Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala-, un organismo internazionale indipendente, istituito per un accordo fra Nazioni Unite e Guatemala nel 2007, su richiesta del Guatemala, l’ 8 gennaio di quest’anno ha visto espulsa dal governo del presidente Jimmy Morales la propria commissione, che ha dovuto lasciare il Paese. Questo, per aver rivelato i legami del Presidente con fondi del narcotraffico.

In Paesi come questi, aspettarsi dai governi la capacità di arrestare il flusso migratorio è impossibile. Una parte delle stesse forze dell’ordine lucra sul business dei migranti. Come, d’altra parte, si dichiarava nella richiesta dell’invio della Commissione da parte del Guatemala . Il presidente guatemalteco Jimmy Morales (a dx nella foto), anche lui un ex-comico, è il vertice dello stato, ma la presenza della delinquenza permea tutta la società. Si calcola che le Maras contino, nei tre Paesi, su un esercito di 78.000 uomini armati, che di fatto governano la vita nelle strade. Anche in Honduras, come raccontato a dicembre seguendo la Carovana dei migranti, le gang giovanili dettano legge. E , qui e negli altri Paesi del Triangolo, la quasi totalità di questi giovani è stata deportata dagli Stati uniti. Che da quattro presidenze segue questa linea, con i trasgressori di origine centroamericana. Alimentando quindi alla fonte l’immigrazione, che è soprattutto una fuga dalla violenza e dal sopruso.

Si infiamma intanto anche il confine col Messico. Già l’inasprimento delle misure contro l’immigrazione aveva allungato i tempi di controllo, intasato i posti di passaggio, creato lager improvvisati e fatiscenti per rinchiudere quelli in attesa di espulsione. Ora si minaccia addirittura la chiusura, sempre con la richiesta impellente di bloccare prima del confine il flusso dei migranti. Per avere un’idea della portata di questa misura, si pensi che, secondo i dati del governo, il Messico è il terzo partner commerciale degli Stati Uniti, con 557,6 miliardi di dollari di prodotti che attraversano il confine in entrambe le direzioni. Traffico che si vedrebbe bloccato per intero.

Trump è infuriato perché, nel mese di febbraio, sono stati registrati 78.000 illegali entrati nel territorio degli Usa dal Messico. Un record negli ultimi 11 anni. La gran parte di questi migranti erano messicani, e pare che questo aumento del flusso sia determinato in parte dall’avvicinarsi del caldo torrido nel deserto ma an che proprio dall’inasprimento delle misure per l’immigrazione legale.

Molto critico il New York Times, che scrive: “Una mossa del signor Trump per chiudere o drasticamente frenare il commercio con il Messico comporterebbe rischi significativi per l’economia americana. Rappresenterebbe anche una sorprendente inversione delle relazioni commerciali tra i due Paesi, che lo scorso agosto hanno messo da parte le loro differenze per rinegoziare la loro parte dell’accordo di libero scambio nordamericano. Il nuovo accordo, noto come Accordo Stati Uniti-Messico-Canada, deve ancora essere approvato dal Congresso.”

Chiusura delle frontiere col Messico e sospensione totale degli aiuti al Triangolo sono quindi misure-boomerang, destinate a lasciare il problema irrisolto, e con ricadute pesanti per gli Stati uniti e la sua economia. Un controsenso? Un errore? Le recenti mosse di Trump sullo scenario internazionale si sono spesso rivelate meno prive di senso di quanto apparivano. Lo stesso quotidiano di New York suggerisce una diversa chiave di lettura: “La difesa partigiana della sua dichiarazione di emergenza nazionale sul muro lungo il confine sud-occidentale ha spinto il signor Trump a spendere parole ancor più dure contro l’immigrazione, mentre cerca di galvanizzare i suoi sostenitori, in vista delle elezioni presidenziali del 2020”.

Una mossa da campagna elettorale? Misure da minacciare, per trattare da posizioni di forza? Forse la chiusura della frontiera col Messico non ci sarà, dato il prezzo da pagare. Ma il blocco degli aiuti, c’è da scommetterci, resterà.

 

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