Rischio Niger

di Andrea Tomasi

Italia impegnata militarmente nel Niger. Su questa ennesima impresa militare del nostro Paese, come ha ricordato Emanuele Giordana, c’è però un silenzio preoccupante, sia da parte del governo sia da parte delle opposizioni.

In Niger opera la Ong Coopi, in cui lavora il trentino Massimo Salvadori. «Coopi  -Cooperazione Internazionale è un’organizzazione umanitaria fondata da padre Vincenzo Barbieri nel 1965, a Milano. È attiva in 28 paesi di Africa, America Latina e Caraibi, Medio Oriente, con 199 progetti umanitari che hanno raggiunto circa 2.600.000 persone. Le due aree dove è attualmente più attiva sono la Regione del Lago Ciad ed il Medio Oriente».

Salvadori, quando è entrato in questa Ong?

«Lavoro per Coopi da giugno 2015 e sono il responsabile attività internazionali per i paesi dell’Africa Occidentale (Mali, Mauritania, Sierra Leone, Niger e Nigeria). Sono Laureato in Sociologia presso l’Università di Trento e grazie al Master GIS (Gestione Imprese Sociali) della Facoltà di Economia di Trento ho intrapreso la carriera nel mondo della cooperazione internazionale. Da oltre 10 anni mi occupo di progetti di sviluppo ed ho lavorato in svariati paesi e contesti: Algeria, Sierra Leone, Gambia, Senegal, Haiti, Mali, Mauritania, Niger e Nigeria».

Ci parli del pericolo Boko Haram e Isis in Niger e Iraq, dal suo punto di vista.

«La crisi del bacino del lago Ciad è una delle principali crisi complesse che affliggono il continente africano, ma è anche la più dimenticata e sottofinanziata dalla comunità internazionale.

Un complesso di fattori ha intensificato la crisi negli anni: la siccità, il forte aumento demografico, la corruzione e la caduta del costo del petrolio che ha portato all’aumento dell’inflazione e del costo dei beni di prima necessità.

Nel corso degli ultimi anni la situazione umanitaria si è progressivamente deteriorata a causa della presenza di Boko Haram, il gruppo terroristico nigeriano, che si ispira all’estremismo islamico. Fondato nel 2002, dal 2009-2010 ha intensificato gli attacchi nel nord est della Nigeria per poi espandersi nei Paesi limitrofi (Ciad, Niger e Camerun) con l’obiettivo di destabilizzare la zona.

La presenza di Boko Haram ha causato la chiusura delle frontiere dei 4 Paesi ed ha provocato un impatto negativo sul commercio ed una pesante campagna militare, che ha inflitto terribili sofferenze nella popolazione. I numeri delle vittime di questa emergenza umanitaria sono impressionanti: 17 milioni di persone sono coinvolte nel conflitto; 7 milioni di persone sono a rischio malnutrizione;2,6 milioni di persone sono state costrette a lasciare la propria abitazione, in cerca di protezione sia all’interno del proprio Paese (sfollati interni) che nei Paesi limitrofi (rifugiati); 1,5 milioni di bambini coinvolti di cui 500.000 bambini malnutriti gravi».

In cosa consiste la campagna «Aiuta un guerriero» promossa da Coopi?

«Oltre 6,4 milioni di bambini al mondo sono rifugiati e sfollati, costretti a spostarsi all’interno del proprio Paese oppure oltreconfine a causa di guerre e altre emergenze. Più della metà, cioè 3 milioni e mezzo di bambini tra i 5 e i 17 anni, lo scorso anno non ha potuto frequentare la scuola (dati UNHCR). Le situazioni di crisi, infatti, hanno un effetto distruttivo sull’accesso all’educazione: molte scuole chiudono, le famiglie sfollate non riescono a sostenere le spese per l’istruzione, gli spostamenti obbligati allontanano i minori dalla scuola, aumentando il pericolo di coinvolgimento in gruppi armati e nella criminalità organizzata. Le bambine, in particolare, hanno una probabilità più che doppia rispetto ai coetanei maschi di uscire dal percorso educativo sin dalla primissima età, con forti rischi di cadere vittime di violenza sessuale e matrimoni precoci forzati.

Per garantire a minori rifugiati e sfollati l’accesso all’istruzione anche in contesti di conflitti e violenze, Coopi – Cooperazione Internazionale realizza interventi di educazione in emergenza, in particolare in Niger, dove migliaia di persone hanno trovato rifugio dalla violenza del gruppo terroristico di Boko Haram, e in Iraq, dove la guerra prosegue dal 2013. Per continuare a farlo, lancia la campagna “Aiuta un guerriero”, alla quale è possibile contribuire fino al 28 gennaio con sms e chiamate al numero solidale 45541. I piccoli guerrieri sostenuti da Coopi sono quei bambini che ogni giorno in questi Paesi sfidano minacce e pericoli per compiere quello che in altre parti del mondo è normale e scontato, come andare a scuola ed avere un’educazione».

Nelle sole zone colpite da Boko Haram nei paesi del lago Chad (Niger, Nigeria, Chad e Camerun), come detto, la crisi è profonda. Cosa sta facendo la comunità internazionale?

«Per dare risposta alla crisi dei Paesi che si affacciano sul lago Chad (Niger, Nigeria, Camerun e Chad – tutti colpiti da Boko Haram) è stata organizzata la Conferenza di Oslo del 24 Febbraio 2017. A tale conferenza ha partecipato buona parte dei paesi europei tra cui anche l’Italia e durante la stessa sono stati promessi dei fondi per dare risposta ai 7 milioni di persone in stato d’insicurezza alimentare ed agli oltre 2 milioni di sfollati. Nonostante i bisogni urgenti i programmi in corso non sono sufficienti a dare risposta a tutta le necessità. Dei 1.5 Miliardi di dollari necessari per dare una risposta adeguata alla crisi solo 465 Milioni di dollari sono stati destinati dai vari Paesi. Dal punto di vista operativo sono centinaia le organizzazioni umanitarie che si sono attivate nel dare risposta alla cresi che colpisce i 4 paesi del Lago Chad. COOPI è una delle poche Ong Internazionali che opera nei 4 Paesi».

Cosa puoi dirci della spedizione del contingente militare in Niger?

«L’Italia, per il ruolo che sta avendo nella gestione dei flussi migratori che arrivano direttamente nel nostro paese, sta assumendo un ruolo attivo nella gestione di tali flussi. Il contingente dei militari arrivati ed in arrivo in Niger ha come obiettivo quello di dare supporto nel controllo alla frontiere tra Niger e Libia ed impedire che il flusso di migranti arrivi in Libia, Paese nelle mani di trafficanti e di gruppi criminali. Ci si è resi conto che i centri di detenzione in Libia sono fuori controllo e sono nelle mani di quelli che prima controllavano le partenze dei migranti verso l’Italia».

Ora viene aperta anche l’ambasciata italiana.

«La Cooperazione bilaterale tra Italia e Niger si è rafforzata molto nel corso di questi ultimi due anni. L’apertura dell’ambasciata è un segnale forte da parte dell’Italia che vede nel Niger la possibile soluzione dei problemi dei flussi dei migranti».

Si parla molto dei soldi che l’Italia sta stanziando per risolvere il problema della pressione dei migranti nel Mediterraneo. 15milioni a supporto programmi per i rimpatri volontari e 31milioni per progetti di sviluppo. Cosa pensi di questa operazione?

«L’invio dei militari per il controllo alle frontiere o il rafforzamento del programma dei rimpatri volontari gestito dall’IOM non affrontano il problema alla radice. La presenza di gruppi armati islamici, il cambiamento climatico, la carestia, la disoccupazione giovanile, la crescita demografica sono tutti problemi che spingono migliaia di persone ad abbandonare le proprie terre per cercare fortuna altrove. Coopi apprezza lo sforzo che sta facendo l’Italia nel trovare le risorse per finanziare progetti di sviluppo in Niger ed in altri paesi della zona. Ad ogni modo le risorse sono sempre limitate e ci dev’essere sempre uno sforzo da parte della comunità umanitaria affinché il governo italiano possa aumentare l’aiuto o orientarlo verso i problemi che consideriamo prioritari».

In Niger ci sono molti interessi economici da parte dell’Italia.

«In realtà l’interesse dell’Italia è anche per tutti quei paesi che rappresentano i principali Paesi di provenienza dei flussi migratori come Nigeria, Gambia, Guinea Conakry e Mali giusto per citarne alcuni. Il Niger rappresenta il bacino di raccolta dei flussi migratori di tutta l’Africa Occidentale e Centrale ed è proprio qui che l’Europa e l’Italia stanno facendo la maggior parte degli investimenti per la creazione di corridoi umanitari per richiedenti asilo (Programma gestito dall’UNHCR), per programmi volti ai rimpatri volontari (Gestito da IOM), controlli alla frontiere per impedire il flusso irregolare di migranti e contrasto ai gruppi di trafficanti ed investimenti per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali attraverso progetti di sviluppo e progetti umanitari».

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