Roma, il topolino climatico del G20

Domani si chiude il summit dei Grandi: impegni vaghi che non raffreddano il dossier più scottante

La notte porterà consiglio agli sherpa del G20 e ai loro capi politici? Si dovrà attendere la Conferenza stampa di domani, alla fine della due giorni romana, per sapere come è andato il “piatto forte” del summit e cioè lo scenario climatico del futuro. Ma da quel che è trapelato finora la montagna sembra che stia per partorire il solito topolino. “Le bozze finora trapelate sono versioni preliminari e gli sherpa sono al lavoro e continueranno per tutta la notte la loro sessione”, riferisce l’agenzia Ansa citando fonti di Palazzo Chigi. Gli impegni al momento però restano vaghi sul clima nella bozza del G20 a quanto è dato sapere. Ci sarà da passare la notte in bianco.

Il summit dovrebbe confermare l’intenzione di limitare il global warming a 1,5 gradi ma eviterà di indicare impegni stringenti secondo quanto si apprende da una bozza del comunicato finale riportata da Reuters e confermata da fonti europee. Il resto sembra tutto molto di rito: empowerment femminile, condanna del nucleare iraniano, accordi con la Turchia (un colloquio privato di Draghi con Erdogan) che ovviamente ha trattato il dossier profughi, specie afgani. Non parte dunque bene la Cop26 che si apre domani a Glasgow.

Le buone notizie sono due: la volontà di estendere i vaccini per una copertura globale e l’approvazione di una  tassa minima anch’essa globale sulle grosse corporation *al 15%( che aveva già ricevuto l’appoggio dei ministri delle Finanze dei singoli Paesi, anche se resta il nodo sulla decisione poi di applicarla nei singoli Paesi. Sui vaccini, seguendo le indicazioni dell’Oms, c’è l’impegno congiunto dei ministri delle Finanze e della Salute del G20 a vaccinare almeno il 40% della popolazione mondiale entro la fine di quest’anno e ad arrivare al 70% entro la prima metà del 2022.

Per il resto il Paese cui è stato dedicato un G20 “speciale” sembra un po’ sparito dai radar. Il Mondo nel suo complesso, nonostante l’ennesimo allarme Onu su una catastrofe imminente – sembra voler dimenticare rapidamente quella parentesi durata vent’anni e costata centinaia di miliardi devoluti soprattutto alla spesa militare. Europa e Stati Uniti, gli attori della ventennale avventura, si muovono in ordine sparso senza una politica comune verso l’Emirato mentre restano congelati i fondi dell’ormai ex Repubblica (oltre 9 mld di dollari) che continuano a restare materia di scambio, condizionati a essere liberati solo se si lavora come vuole l’ex padrone di casa.

Qualcuno si è mosso in modo più compatto. I russi con un’iniziativa a Mosca e poi Teheran che due giorni fa ha concluso la sua conferenza sull’Afghanistan. I Paesi della regione – con cinesi e russi – fanno la loro parte. Con meno diktat e semmai inviti (a creare un governo più inclusivo per esempio). Con prudenza, ma riconoscendo pragmaticamente la realtà. Il prossimo summit di questo nuovo polo regionale sarà in Cina. Tutti tavoli da cui siamo esclusi così come, per altro, erano stati esclusi dal G20 Afghanistan (cui Putin e Xi Jinping non hanno partecipato) Pakistan e Iran.

A Roma intanto si è fatta sentire anche  la società civile: manifestazione con un grande corteo al grido di “Giustizia climatica”. Ci sono almeno 10mila partecipanti. Una contestazione ai Grandi che non sembrano però cogliere l’umore di una piazza che non è ormai composta solo di giovani.

(Red/Est)

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