Sei mesi di conflitto in Ucraina. Il punto

Siamo ormai oltre i 180 giorni di guerra. Migliaia i morti, le città spazzate via, sette milioni I profughi

di Raffaele Crocco

La stazione è – forse meglio dire era – quella di Chaplyne, a 100 chilometri a est della città di Zaporizhzhia, nell’Ucraina centrale. Le bombe russe l’hanno spazzata via nel giorno della festa dell’Indipendenza del Paese. Il bilancio dei morti è di 22 persone, ma potrebbe crescere. Inevitabile si allunghi il rosario delle vittime civili di questa allucinante guerra d’invasione. Evitabile, invece, la dichiarazione del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che commentando l’attacco missilistico russo alla stazione si è detto “inorridito”: scopre ora, Michel, che la guerra ammazza la gente e che per questa ragione andrebbe fermata prima.

Siamo ormai oltre i 180 giorni di guerra. I profughi, secondo le stime delle agenzie internazionali sarebbero 7milioni. La via diplomatica sembra impercorribile, nonostante si tentino alcune pressioni: 54 Paesi dell’Assemblea dell’Onu hanno approvato un documento in cui si chiede “l’immediata cessazione delle ostilità”. Difficile che Mosca ascolti A firmare quel documento sono Paesi che Putin ritiene ostili, Stati Uniti in testa e lo scritto certamente non è conciliante, dato che ribadisce la condanna all’aggressione russa.

E ad inasprire gli animi è stato anche l’attentato che il 20 agosto ha ucciso la giornalista Darya Dugina, figlia del cosiddetto “ideologo di Putin” Alexander Dugin. Mosca attribuisce l’attentato agli ucraini, Kiev nega. Dalla Russia i dissidenti fanno filtrare la voce di una “azione interna”, cioè di un attentato messo in piedi da nemici di Putin. Altri osservatori dicono che sarebbero stati effettivamente gli ucraini ad agire, per far capire ai russi che la “operazione speciale” voluta dal Cremlino è in realtà una guerra che coinvolge tutti.

Per ora, nulla è certo, se non che Putin e il suo governo stanno utilizzando la morte della giornalista per attaccare il governo di Zelensky. E sono poi in molti, proprio in Russia, a ricordare come durante la guerra in Cecenia furono attributi ai servizi segreti del Cremlino molti degli attentati che consentirono a Putin di scatenare ritorsioni e violenze contro i ceceni. Resta una guerra sempre più immobile, dal punto di vista militare. Gli esperti parlano di “fase di assestamento”. I russi controllano circa il 20% del Paese – soprattutto Donbass e parte Sud – gli ucraini non hanno risorse, uomini e mezzi per mettere in campo l’offensiva che hanno annunciato.

Lo stallo potrebbe durare a lungo e il sostegno militare europeo tende a calare. I magazzini si sono svuotati e l’industria bellica europea non regge il ritmo delle esigenze ucraine. La guerra ucraina sta diventando “ordinaria amministrazione” e questo potrebbe renderla sempre meno affascinante e sempre più scomoda per gli europei. Un pericolo che Zelensky pare avere ben in testa, per questo continua a sollecitare aiuti e interventi. Il presidente ucraino sa bene che il tempo gioca a favore di Mosca.

 

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