Speciale Myanmar: il giallo della Danieli (aggiornato)

L'azienda italiana risulta aver registrato una nuova società dopo il golpe militare di febbraio. Ma non fornisce chiarimenti

di Emanuele Giordana

Forse domani, quando l’associazione Italia-Birmania Insieme avrà un’audizione in Senato ne sapremo di più ma per ora è nebbia (in coda l’aggiornamento con la registrazione dell’audizione). C’è infatti un piccolo giallo che riguarda un’importante azienda italiana che opera in Myanmar da diversi anni e che sembrerebbe aver chiuso le attività dopo il golpe per riaprirle registrando nuovamente lo stesso brand. Un giallo perché guardando le fonti aperte, risultano in effetti due indirizzi a Yangon (Aye Yeik Thar 1 Street e Pyi Thar Yar St) che sono distanti una passeggiata di 15 minuti a piedi nel centro dell’ex capitale. Il mistero si infittisce quando chiediamo lumi all’azienda – la Danieli – che ci risponde laconicamente che a breve fornirà un chiarimento. Mai arrivato. Il giallo aumenta guardano la lista Danieli delle sue sussidiarie in Asia: nessuna sede risulta in Myanmar.

La Danieli, colosso nazionale dell’ingegneria, della robotica e del settore minerario è una multinazionale con sede a Buttrio (Friuli) ed è una delle leader mondiali nella produzione di impianti siderurgici. Con qualche miliardo di fatturato, quotata in borsa, è una società che non nasconde la velleità di posizionarsi tra le prime aziende italiane del settore: Giacomo Mareschi, Chief Executive Officer del gruppo, nell’ottobre del 2021 aveva dichiarato che, con un utile di oltre 80 milioni nell’anno, puntava a un fatturato «di 4 miliardi entro due».

Il fatto è che ci sono una serie di strane coincidenze su cui sarebbe stato utile avere chiarimenti dall’azienda. A fine agosto 2021, a sette mesi dal golpe militare di febbraio, il capo dell’esercito e del governo generale Min Aung Hlaing annuncia la riapertura dell’acciaieria Myingyan. Circa un mese dopo, il 24 settembre, pur avendo già una filiale in Myanmar, Danieli registra una nuova società estera nel Paese con un nome che poco si discosta dal brand della vecchia (che sembrerebbe inattiva essendo il Myanmar sottoposto a sanzioni). Qui sta l’interrogativo. È insolito per un’azienda già registrata tirarne in piedi un’altra nello stesso posto. Le voci raccolte tra la dissidenza birmana sostengono che il governo militare non possa aprire l’acciaieria di Myingyan senza l’assistenza di Danieli, che possiederebbe competenze e attrezzature nel sito in questione.

La nuova registrazione coinvolge direttamente i massimi vertici dell’azienda: Giacomo Mareschi e Alessandro Brussi, che sono gli unici due nomi in chiaro (altri sono segnati solo col nome di battesimo). Le carte dicono che la nuova registrazione di settembre è stata fatta al Directorate of Investment and Company Administration (Dica). Sono dati abbastanza inconfutabili visto che provengono dallo stesso database utilizzato da un Paese terzo per imporre le sanzioni e che abbiamo potuto vedere. Per altro proprio martedi, Italia Birmania Insieme chiederà lumi in Parlamento sull’operato della Danieli in Myanmar. Per ora, a una lettera indirizzata a Di Maio dall’associazione italo birmana in cui si chiedevano chiarimenti sulla Danieli, il segretario generale della Farnesina, Ettore Sequi, ha risposto parlando di tutto fuor che della società italiana e delle sue attività in Myanmar forse semplicemente per il fatto di non conoscerle.

Di seguito l’Audizione informale in 3a Commissione Senato  (05.07.22) di Italia-Birmania Insieme. Al minuto 20 ca si affronta il tema “Danieli”

 

In copertina, Yangon. Foto di Zuyet Awarmatik (unsplash). Nel testo la mappa di googlemap con i due indirizzi che si trovano su Internet

Tags:

Ads

You May Also Like

Giornata delle fasce bianche: ci saremo

Ancora una volta, il 31 maggio a Trento, con fasce al braccio e lenzuola stese sui balconi, in silenzio, grideremo il nostro no alle guerre, a tutte le guerre

L’associazione 46°Parallelo con l’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo promuovono, insieme a ...

FaceBook nella campagna elettorale brasiliana

Secondo una ricerca di Global Witness lo scarso controllo sui messaggi pericolosi in Rete alimenta la disinformazione

di Stafano Bocconetti Lo sfondo è il Brasile, quel Paese ormai prossimo alle elezioni ...

Bihać 2019: un’anticipazione della crisi umanitaria in Bosnia Erzegovina

La rotta balcanica, ufficialmente chiusa dal 2016, in realtà ha continuato a esistere, cambiando i Paesi di transito. Un reportage a cavallo tra l'emergenza migratoria di ieri e di oggi