“Spero che il prossimo papa sia asiatico”

Intervista a padre Alex Zanotelli: “Mi auguro sia un riformatore ma l’Africa non è ancora pronta, lì deve ancora maturare una Chiesa giovane. In Vaticano serve un cambiamento strutturale”

di Alessandro De Pascale

In Vaticano è tutto pronto. I 133 cardinali elettori sono già a Roma. Il Conclave per scegliere chi succederà al soglio pontificio all’argentino Jorge Mario Bergoglio si sta per riunire. Dell’elezione del nuovo pontefice abbiamo parlato con Alex Zanotelli (Livo, 1938), padre dell’ordine missionario dei Comboniani di Verona, dal 1965 per otto anni in Sudan durante la guerra civile, dal 1978 fino al 1987 direttore di Nigrizia (la rivista delle missioni), dal 1989 nella baraccopoli di Korogocho a Nairobi (capitale del Kenya), ispiratore da metà anni Novanta di diversi movimenti (tra cui la Rete Lilliput), dal 2004 fa il missionario a Napoli, nella basilica di Santa Maria della Sanità.

Padre Alex Zanotelli ©Pasquale Senatore/Shutterstock.com

Padre Zanotelli, secondo lei il nuovo papa sarà un riformista o un conservatore?
Dato che tre quarti dei cardinali, che adesso sono gli elettori, sono stati scelti da papa Francesco, si può sperare che questi mantengano la sua linea riformista, perché ce n’è un estremo bisogno.

C’è chi sostiene che i tempi possano essere maturi per l’espressione di un papa africano o asiatico, proveniente quindi dai territori dove la Chiesa è in crescita. Cosa ne pensa?
Secondo me l’Africa non è ancora pronta, in quanto deve ancora maturare una Chiesa giovane. Ma dall’Asia ci sono delle belle figure, cariche di spiritualità. Oggi serve questo e spero quindi davvero che il prossimo papa sia asiatico, sarebbe un grande contributo alla ricchezza dell’incontro fra le grandi religioni per mettere fine alla storia dell’identità e delle lotte.

Lei ha detto “dai governi non mi aspetto nulla”. E dal Vaticano e dal nuovo Papa?
È vero, dal governo in questo momento non mi aspetto nulla, ma dal papa moltissimo.
Spero davvero che lui, prima di tutto, porti avanti quanto fatto da papa Francesco, cioè a mettere al primo posto i poveri, gli emarginati, gli esclusi. Papa Francesco ci ha dato un esempio, anche di povertà personale molto bella per dire un po’ a tutti di uscire da tutto questo apparato di ricchezza di quando una volta il papa era il capo dello Stato del Vaticano, con tutto quello che ha significato. Serve qualcuno che renda questo un cambiamento strutturale dentro il Vaticano.

I detrattori di papa Francesco dicono “tante belle parole, ma pochi fatti”. Cosa risponde?
Il suo è soltanto un potere morale. Anche solo con le sue parole ha fatto fare alla Chiesa notevolissimi passi in avanti. Faccio un esempio: il Concilio Vaticano II (indetto da papa Giovanni XXIII nel 1961, nda) aveva detto chiaramente che non è possibile l’uso della bomba atomica. Papa Francesco ha dichiarato che non solo l’uso ma anche il possesso di una bomba atomica è immorale. Passaggi enormi che aiutano anche noi che ci battiamo contro le armi ad avere posizioni molto chiare. Questo papa ha speso praticamente tutta la sua vita a gridare contro tutte le guerre, contro le armi. Riguardo a Gaza ha avuto il coraggio di dire che Israele stava compiendo un genocidio, facendo infuriare il governo Netanyahu. È questo il peso del papato, un peso morale, non ne ha altri.

Lei non è ben visto in Vaticano: le autorità ecclesiastiche l’accusarono addirittura di essersi allontanato dai principi religiosi cattolici. Secondo lei cos’è oggi il Vaticano?
La mia visione è quella del grande arcivescovo del Brasile di Recife, Helder Camara, padre conciliare del Vaticano II, il quale al termine del Concilio scrisse al papa chiedendogli di rinunciare al titolo di Capo di Stato per andare a vivere nella sua cattedrale, che non è San Pietro, ma San Giovanni in Laterano. Così facendo sarebbe decaduta anche tutta la sua diplomazia, facendo uscire il Vaticano delle squallide storie per le quali il papato è passato proprio perché infeudato con gli Stati, per entrare in una fase radicalmente nuova, rendendolo più credibile.

Lei ha studiato teologia negli Stati Uniti. Come vede oggi gli Usa della nuova presidenza Trump?
Quando ho studiato negli Stati Uniti sono rimasto affascinato. Ero un ragazzino, sono andato lì a 16-17 anni a uno scambio di studenti, dei comboniani. Ci sono rimasto 8 anni e sono grato alla formazione che ho ricevuto. Ma era un’altra America: quella di John Fitzgerald Kennedy, di Martin Luther King, si respirava un altro tipo di aria. Poi l’America ha tradito tutto: oggi l’espressione trumpiana indica proprio il degrado dell’America. Quello che è stato grave per me e mi fa più male è stato ritrovarmi oggi una chiesa negli Stati Uniti che è praticamente trumpiana, nel vero senso della parola. Parlo di vescovi, di preti.

Papa Francesco ha ricordato fino all’ultimo suo intervento le varie guerre nel mondo. Che ruolo possono avere la Chiesa e i cristiani?
Come cristiani dobbiamo fare una seria riflessione e anche qui entra il problema papale: servono dei grossi cambiamenti di mentalità e anche le Chiese devono avere il coraggio della disobbedienza civile. Prendiamo anche solo ciò che avviene a Gaza. Noi condanniamo la generazione che ha vissuto sotto le dittature di Mussolini e in particolare di Hitler, per tutti i crimini commessi nei campi di concentramento, per il genocidio compiuto. Ma in quel periodo credo che pochi sapessero ciò che realmente avveniva nei campi. Oggi sappiamo tutto e nessuno si muove. La grande indifferenza dell’Occidente, che io chiamo cristiano, è proprio parte del problema. Alla base di tutta questa lotta resta il problema del suprematismo bianco, poiché come tribù bianca siamo ancora convinti di avere la civiltà, la cultura, la vera religione, che è stata la base del colonialismo e che tuttora ci portiamo dietro a livello psicologico. Questo ci porta allo scontro, in tantissime situazioni.

Nella foto in copertina, i cardinali al funerale di papa Francesco ©Marco Iacobucci Epp/Shutterstock.com

Tags:

Ads

You May Also Like

Il nodo di Gaza

Le ragioni della nuova escalation, perché non esiste più una resistenza israeliana, i rapporti con l'Iran e altri spunti dal paese ebraico nell'intervista a Eric Salerno

a cura di Alice Pistolesi La normalità dei rapporti tra Israele e Palestina, in ...

Ayatollah e shopping iraniano

di Andrea Tomasi Un ayatollah ultraconservatore di 90 anni, Ahmad Jannadi è stato eletto ...

Il Rojava e la Pandemia

Nel Nord Est della Siria non c'è un solo letto che possa curare pazienti covid-19 gravi. Come ci si prepara in un'intervista dal terreno

di Alice Pistolesi Il Nord Est della Siria è una delle aree più in ...