Spesa militare previsionale “pura” in crescita di un miliardo nel 2026 per l’Italia

Sono stati trasmessi al Parlamento (in particolare quest’anno al Senato che, per turnazione, ne farà la prima lettura) i dettagli riguardanti la Legge di Bilancio

Di Francesco Vignarca

Sono stati trasmessi al Parlamento (in particolare quest’anno al Senato che, per turnazione, ne farà la prima lettura) i dettagli riguardanti la Legge di Bilancio. Le Tabelle della “seconda parte” di tale Legge (cioè quelle che recepiscono le variazioni decise dal Governo sulla legislazione vigente, come da decrto relativo alla “prima parte”) permettono, se oppprtunamente lette, di valutare tutte le allocazioni di fondi riguardanti l’ambito della Difesa e degli armamenti per stimare la spesa militare complessiva previsionale per il 2025.

Una premessa importante: gli stanziamenti in difesa di questa legge di bilancio vanno considerati al netto degli ingenti aumenti di spesa militare (quasi 23 miliardi nel prossimo triennio) previsti dal Documento di programmazione finanziaria pluriennale (Dpfp) varato dal governo a inizio ottobre, ma che diventeranno effettivi solo dopo che l’Ue – a seguito dei risparmi operati in Legge di Bilancio – certificherà l’uscita dall’Italia dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, consentendo l’attivazione della clausola di salvaguardia per le spese in difesa.

Prima di analizzare le cifre in gioco sono opportune alcune premesse metodologiche. Per prima cosa occorre ricordare che i dettagli sui fondi estratti in particolare dalle Tabelle di tre Ministeri (Difesa, Economia e Finanze, Imprese e Made in Italy) potranno ancora subire nelle prossime settimane suscettibile modifiche e aggiustamenti aggiustamenti: non solo per l’ovvia constatazione che si tratta di una Legge di Bilancio non ancora votata dal Parlamento, ma soprattutto perché in parte alcune stime per il momento solo parametrizzate potranno essere meglio definite grazie all’acquisizione di ulteriori informazioni ed inoltre fra qualche mese verranno assegnati nel dettaglio alcuni fondi per il momento solo allocati nelle loro cifre complessive (ad esempio quelli legati alle missioni militari all’estero). In tale ottica potrebbero risultare molto utili i dettagli forniti dal Documento Programmatico Pluriennale della Difesa 2026, che però negli ultimi anni è stato trasmesso alle Camere con forte ritardo e che nell’edizione 2025 ha visto un sensibile peggioramento del livello e dell’esaustività delle informazionirilasciate.

Oltre a queste avvertenza metodologiche di base, comuni ad ogni analisi della spesa militare previsionale, per quest’anno è altresi importante (anzi, cruciale) evidenziare come le stime proposte riguardino la parte “pura” di spesa militare, cioè quella effettivamente riguardante costi per personale, esercizio e investimento (acquisti) in armamento da parte dello Stato. Per intenderci, stiamo facendo riferimento alla parte per cui la NATO indica un target di spesa del 3,5% sul PIL entro il 2035. Non è al momento possibile invece stimare le fonti da cui deriverebbe la quota da ascrivere all’1,5% di complemento che, nelle dichiarazioni NATO, viene definito come per spese per la sicurezza nazionale in senso lato. Il che potrebbe significare costi per cybersicurezza, resilienza delle infrastrutture critiche (centrali elettriche e reti di telecomunicazione terrestri e satellitari), efficientamento delle infrastrutture strategiche di mobilità militare (ferrovie, strade, ponti, porti e aeroporti), difesa delle frontiere, mezzi e personale delle forze di polizia militare, presidi medici contro attacchi nucleari-chimici-batteriologici e altri capitoli di spesa (che sono a discrezione delle singole nazioni). Oltre alle spese per “promuovere l’innovazione e rafforzare la nostra base industriale della difesa”: una dicitura che potrebbe facilmente ricomprendere un canale aggiuntivo di finanziamento al riarmo. Tale quota non viene dettagliata nemmeno nell’ultimo e già citato DPP che riporta solo un generico riferimento a “budget per contesti, domini e settori a cui è stato attribuito un focus più militare e progetti di cooperazione militare (esempio: Military Mobility)”.

Come praticamente per ogni anno, tranne per annualità particolari che necessitavano interventi determinati da necessità di equilibrio finanziario, la prima parte del Disegno di Legge di Bilancio, che determina gli interventi voluti dal Governo per realizzare le proprie linee politiche, praticamente non riporta decisioni legate alla sfera militare e della Difesa

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