Quattro volti, quattro storie, che simboleggiano un concetto: quando la stampa e la ricerca si scontrano con la ragion di stato, stampa e ricerca vengono messe a tacere in una vera e propria guerra alla libera informazione. Le storie di Jamal Khashoggi, ViktoriaMarinova, Daphne Caruana Galizia e Giulio Regeni sono di giornalisti e ricercatori che hanno in qualche modo lasciato il segno non solo nella cronaca e dei quali si è parlato e si continua a parlare. A partire dallo loro morte, sono infatti emersi scenari che prima rimanevano avvolti nel buio.
Jamal Khashoggi, giornalista e dissidente saudita, è l’ultimo caso in ordine temporale. Collaboratore del Washington Post, è sparito Il 2 ottobre 2018 dopo essere entrato nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul, in Turchia. Khashoggi, si era recato nella struttura per completare alcune “pratiche burocratiche” e da allora non si sono più avuto sue notizie. Dopo l’iniziale smentita dell’uccisione, l’Arabia Saudita pare aver ammesso l’omicidio del giornalista, anche a seguito delle prove delle torture subite registrate dall’orologio digitale del giornalista. La vicenda mette in crisi i rapporti tra la monarchia del Golfo e Washington. Ma Trump, dopo una prima reazione forte, per ora sceglie di non condannare il regno saudita prima di avere in mano prove certe.
Viktoria Marinova, giornalista bulgara è stata stuprata e uccisa sabato 6 ottobre 2018. Marinova era una trentenne, giornalista investigativa per conto del programma televisivo “Detector”, trasmesso dall’emittente televisiva locale TVN. Recentemente aveva indagato le dinamiche di corruzione che starebbero dietro alla gestione dei fondi provenienti dall’Unione Europea. La Bulgaria secondo la ong è il paese dell’UE con la condizione peggiore per la libertà di stampa e si piazza al 111esimo posto su 180 a livello globale. La situazione non è quindi rosea se si pensa anche che il vice-Primo Ministro Simeonov, nell’autunno 2017, aveva accusato i mass media di essere responsabili di una “massiva campagna di calunnia”. Il caso della Marinova è il terzo in quest’anno solo all’interno dell’Unione Europea: a Malta e in Danimarca gli altri episodi in cui giornalisti di spicco sono stati uccisi nel corso delle loro indagini.
Daphne Caruana Galizia. Era il 16 ottobre 2017 quando la reporter investigativa maltese venne uccisa dall’esplosione della bomba piazzata nella sua auto in una cittadina non lontana da La Valletta. La giornalista investigativa era diventata celebre per il suo blog e durante lo scandalo dei “Maltafiles”, un’inchiesta internazionale indipendente secondo la quale “lo Stato nel Mediterraneo fa da base pirata per l’evasione fiscale in Ue”. E’ stata ricordata ieri a Malta anche da una lettera scritta da suo figlio perché la sua storia non cada nell’oblio.
Giulio Regeni. Ricercatore e giornalista italiano è stato ucciso in Egitto tra il gennaio e il febbraio del 2016. Regeni stava svolgendo il dottorato con l’Università di Cambridge e venne rapito il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir. Il suo corpo fu ritrovato senza vita il 3 febbraio. Giulio Regeni, stava studiando il movimento sindacale che si oppone al governo del generale al-Sīsī. La verità sulla morte di Regeni è ancora sconosciuta e la famiglia attende giustizia. I diversi governi italiani hanno gestito malamente la vicenda dando la sensazione di preferire alla verità su Giulio i buoni rapporti col colosso nordafricano.
Di seguito riportiamo l’infografica relativa alla libertà di stampa nel mondo al 2018 che ogni anno viene redatta dalla ong Reporters Sans Frontières. La nostra versione, calibrata sulla mappa di Peters, la potete trovare nell’ottava edizione dell’Atlante delle guerre e del conflitti del mondo.