di Andrea Tomasi
L’Algeria è in crisi: una crisi economica profonda dovuta ai bassi prezzi del petrolio. Nel 2015 il Paese ha visto una diminuzione del 70 per cento delle entrate derivanti dalle risorse petrolifere. Dal Governo arrivano rassicurazioni. «Gli idrocarburi – spiega l’Agi -rappresentano per il Paese nordafricano, che ha circa 40 milioni di abitanti e dispone di una economia poco diversificata. Oltre il 95 per cento delle sue esportazioni e contribuiscono per il 40 per cento al bilancio dello Stato. La crisi dei prezzi del petrolio ha prodotto un calo delle riserve in valuta estera crollate da 153 miliardi di dollari nel 2014 agli attuali 130 miliardi circa».
L’economia si basa quasi del tutto sui guadagni derivanti dalla vendita del petrolio e del gas ed il Governo «potrebbe essere costretto a rivedere la sua pesante politica di sussidi per l’energia elettrica, il gas, il carburante e i prodotti alimentari di base che hanno contribuito a ridurre le tensioni sociali in passato».
Per garantire crescita e ridurre l’eccessiva dipendenza dagli idrocarburi le autorità locali hanno avviato un processo di diversificazione economica. «Nel 2015 l’Algeria ha registrato un deficit commerciale di 13,71 miliardi, triplicando il dato del 2014. Nel giro di 12 mesi sono stati bruciati 27 miliardi di dollari di riserve in valuta estera, circa il 15 per cento del totale». Il Governo ha quindi introdotto quuote fisse per l’importazione di veicoli, cemento e acciaio e approvato incentivi fiscali per stimolare gli investimenti e aumentare la produzione industriale. Ma il prezzo del petrolio è in caduta libera. «E il Paese rischia seriamente di riaprire una pagina di storia, quella del “decennio nero”, che sembrava ormai chiusa da tempo».
Fin qui il quadro economico, che si intreccia con la politica, che si intreccia con il terrorismo islamico. Il 18 marzo estremisti islamici hanno lanciato «una granata con propulsione a razzo contro il giacimento di gas naturale e di trasformazione dell’impianto di In Salah in Krechba, nel deserto del Sahara. Il gigante britannico del petrolio BP e la norvegese Statoil operano congiuntamente nell’installazione con la compagnia petrolifera nazionale algerina Sonatrach» scrive l’International business times.
Riccardo Fabiani, analista del Nord Africa dell’Eurasia Group ha detto che «anche un Paese come l’Algeria, dove i militari sono ancora piuttosto efficaci (sic!), rimane vulnerabile a questo tipo di attacchi. Questo è una conseguenza del più ampio deterioramento regionale in materia di sicurezza da quando c’è stata la primavera araba». L’attentato del 18 marzo ha preceduto gli attentati a Bruxelles. E il pensiero corre ad altri obiettivi sensibili, tra cui le centrali nucleari sparse nel mondo, il cui danneggiamento rischierebbe di causare un vero dramma.
L’Algeria è un Paese chiave per l’Europa in termini di forniture energetiche. Fino a poco tempo fa sembrava essere in grado di «cinturare» i gruppi estremisti. «Durante la brutale guerra civile che ha investito l’Algeria nel 1990, le forze di sicurezza riuscirono a scongiurare attacchi contro le infrastrutture petrolifere e di gas locale (…) ma ora l’esercito algerino è impegnato a reprimere il crescente commercio di armi e l’espansione di militanti armati nel Nord Africa».
Il gruppo al Qaeda nel Maghreb islamico – che ha fatto sapere di volere scoraggiare l’esplorazione di gas shale – ha rivendicato la responsabilità per l’attentato: l’assalto a In Salah – che per grandezza è il terzo giacimento di gas del Paese – faceva parte della cosiddetta «guerra contro gli interessi dei crociati». Nella regione si teme l’escalation. L’incidente ha ricordato l’attacco ad un impianto di gas, avvenuto nel 2013, che portò alla morte di diversi ostaggi. «Quaranta persone sono state uccise durante un assedio di quattro giorni presso l’impianto di gas di Tigantourine a In Amenas, vicino al confine con la Libia. La BP, la Statoil e la Sonatrach operano anche in quest’impianto».
Si dice che sia improbabile una grave interruzione dell’approvvigionamento energetico nel breve termine, nonostante le minacce alla sicurezza. Questo perché c’è una grande disponibilità di greggio. Altri analisti invece hanno sostenuto che è in aumento il rischio di una interruzione delle forniture a causa degli attentati. Intervistato dall’Ibt, Charles Wall, gestore di «portafoglio di materie prime» presso l’Investec Asset Management di Londra, ha dichiarato: «Un attacco invalidante sulle infrastrutture di petrolio in un momento in cui il mercato del petrolio si sta stringendo avrebbe probabilmente un impatto significativo sui mercati del greggio». Senza la copertura degli introiti del petrolio – scrive il sito LookOut News – i problemi stanno gradualmente venendo al pettine. «Prima la crisi economica, adesso le tensioni sociali che, data la vicinanza a due fronti caldi come quelli di Libia e Mali, potrebbero trascinare il Paese in una spirale di terrorismo e violenze su larga scala».
http://www.agi.it/rubriche/africa/2016/05/24/news/algeria_sconti_su_gas_a_ue_in_cambio_di_nuovi_investimenti-801011/
http://it.ibtimes.com/attentato-algeria-gli-islamisti-prendono-di-mira-impianti-di-gas-e-di-petrolio-aumentano-i-rischi
http://www.lookoutnews.it/algeria-petrolio-crisi-economica/