di Raffaele Crocco
Tutti d’accordo, per una volta: dagli Stati Uniti alla Cina, fino all’Unione Europea e all’Onu, tutti dicono che i combattimenti attorno alla centrale atomica di Zaporizhzhia creano il “rischio di un catastrofico incidente nucleare”. I disastri ambientali sono il tema di questa settimana nella guerra che in Ucraina si combatte dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2022. I giorni di lotta sono ormai quasi 170: sei mesi di morte. L’Ucraina è diventata una specie di mattatoio. Per il Pentagono, la Russia potrebbe avere avuto sin qui fra 70 e gli 80mila soldati morti o feriti. L’Ucraina, secondo gli osservatori, potrebbe averne avuti molti più di 20mila. I civili uccisi, per i bombardamenti o per effetto dei combattimenti, non sono ancora davvero stimabili.
Il caso di Zaporizhzhia – ricordiamolo: si tratta dell’impianto nucleare civile più grande d’Europa – è diventato centrale negli ultimi giorni, da quando si combatte nell’area. Il rappresentante permanente della Cina presso le Nazioni Unite, Zhang Jun, si è detto preoccupato. “C’è il rischio – ha sostenuto – di un incidente nucleare peggiore di quello che avvenne alla centrale di Fukushima, in Giappone. Per questa ragione la Cina ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che venga consentito il prima possibile all’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, di ispezionare la centrale, rimuovendo gli ostacoli esistenti”.
Gli ha fatto eco il Segretario generale dell’Aiea, Rafaele Mariano Grossi, chiedendo a Mosca e Kiev di collaborare con l’agenzia, per rendere possibile il controllo e valutare la situazione. Ipotesi, questa, che appare improbabile al momento. Le parti si scambiano accuse. Il presidente ucraino Zelensky ha dichiarato che i bombardamenti alla centrale non sono opera del suo esercito, ma di quello russo. Tesi smentita dal Cremlino, che parla di responsabilità precise da parte degli ucraini. Intanto, salgono i rischi per un disastro ambientale complessivamente difficile da valutare. Già ora la situazione peggiora di giorno di giorno. Il 10 agosto 2022 oltre sei tonnellate di ammoniaca sarebbero fuoriuscite dal serbatoio del sistema di raffreddamento di un birrificio nel Donetsk. A colpirlo è stata l’artiglieria ucraina.
Una guerra che lascerà segni profondi non solo sulle persone, quindi, ma anche sul territorio, sull’ambiente. Intanto, dal punto di vista militare, le armate non si muovono di molto. Dopo la conquista di Severodonetsk e Lysychansk, i russi hanno continuato ad attaccare, senza però sfondare davvero. Gli ucraini, lo ha ammesso Zelensky, hanno avuto momenti difficili, ma hanno tenuto. Per entrambi gli schieramenti, nonostante l’evidente sproporzione delle forze in campo, il problema vero è quello dei rincalzi. L’Ucraina, grazie ai Paesi Nato, sta addestrando diverse migliaia di militari all’estero. La Russia sta per mettere in campo il Terzo Corpo, circa 15 mila uomini, arruolati con la mobilitazione “mascherata” di Putin che continua ad offrire a chi si arruola buoni stipendi. In più, dalle caserme russe sta uscendo tutto l’arsenale esistente, con sistemi d’arma vecchi, spesso risalenti ai tempi della Guerra Fredda, trent’anni fa. Sono veri e propri “ferri” superati dalla storia, ma sono efficienti e, soprattutto, uccidono ancora: per questa guerra sembra che possa bastare.
*In copertina Photo by Kilian Karger on Unsplash