di Raffaele Crocco
Ora si possono unire i punti, come nei giochi che propone la Settimana Enigmistica. Sono i punti che formano il quadro della contraddizione ipocrita di questi giorni Europei. La Nazionale italiana ha annunciato che non si inginocchierà per aderire al Black Lives Matter in occasione della partita del torneo, i quarti di finale contro l’Austria. Nessun giocatore si inginocchierà contro il razzismo. Non si farà, dice la Federazione, per rispettare “scelte e posizioni, che restano personali”. Come se essere razzisti o meno fosse una posizione personale e non una scelta fra essere criminali – i razzisti – o no.
Mentre la Federazione Giuoco calcio dice questo, si predica da settimane che “la Nazionale italiana è portatrice di valori sani”. Bene: quali? Perché essere contro il razzismo risulta essere uno di questo valori. E lo è al di fuori e oltre ogni possibile dibattito, perché non si dibatte sull’antirazzismo, non lo si può mettere in discussione. In un Paese democratico, come è il nostro, che ha la nostra Costituzione, che aderisce ufficialmente alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, essere antirazzisti è parte integrante dell’essere. Chi non è antirazzista – esattamente come chi è fascista – non è in alcun modo all’interno di questa Comunità nazionale. Lo dice la legge. Semplice.
Ora, un noto allenatore ha spiegato ai giornali di essere contrario all’inginocchiarsi, perché l’antirazzismo va insegnato fin da ragazzi, ma l’atteggiamento, cioè il manifestare il proprio essere contro il razzismo, non può essere reso obbligatorio. Insomma, non può diventare collettivo e “imposto” un gesto simbolico. La cosa non torna, dato che diciamo che la Nazionale è portatrice di valori sani. Sarebbe come se a scuola – altro luogo di valori sani – si insegnasse che tutti gli esseri umani sono uguali e poi, nella realtà, i diversi venissero messi negli ultimi banchi o dietro la lavagna. In ogni modo, in questi giorni, molti hanno spiegato perché è corretto non inginocchiarsi. Si è letto di tutto: c’è stato chi ha invocato – simpatico nostalgico – complotti sinistrorsi e comunisti, chi ha parlato di strumentalizzazione da parte della lobby nera americana, chi ha più semplicemente ribadito di essere “bianco, cristiano e di inginocchiarsi solo davanti a Gesù”. Insomma, di tutto. Sono mancati solo i terrapiattisti.
C’è anche chi ha ritirato fuori il termine buonista. Scusate la digressione. Io che non sono un buono – mai stato – trovo idiota chiunque usi il termine “buonista”, che non esiste, è un’ invenzione. E’ stato creato da chi pensa che mettere un “ista” alla fine di una parola la faccia diventare negativa. Il che è vero, se prendiamo la parola “fascista”, ma non in tutti i casi. Il piastrellista, ad esempio, non ha nulla di negativo. Nella lingua italiana che tutti dovremmo essere in grado di parlare, esiste il buono – che nella nostra società, a qualsiasi livello e per chiunque – ha un valore positivo. Oppure c’è il cattivo, che è negativo, per tutti. Non c’è il “buonista”, che nelle intenzioni di questi bizzarri inventori di parole, dovrebbe essere chi “vuole fare il buono per convenienza o convenzione, ma in realtà è un egoista incallito”. Potrebbe esistere, se ammettessimo che esiste anche il “cattivista”, che dovrebbe quindi essere “colui che vuole fare il cattivo per convenienza o moda, ma in realtà è un tenerone altruista”. Che magari, dico magari, ci da delle speranze su qualcuno…
Detto questo, torniamo al tema: è vero, non è necessariamente obbligatorio inginocchiarsi per essere antirazzisti. Ma allora, inventiamo davvero qualcosa. Perché Federazione, staff e calciatori non inventano un’azione diversa, che faccia capire l’impegno reale, concreto contro il razzismo? Non so: vadano in campo con in mano un fiore e lo regalino agli avversari. Oppure, mettano una fascia con i colori dell’Arcobaleno, cioè della pace, al braccio. Basta poco. Basta qualcosa. Basta la volontà di farlo. Altrimenti, sono solo chiacchiere “cattiviste”.
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In copertina foto di Edoardo Busti