Un mondo in pace è possibile. Se non chiudiamo gli occhi

L'editoriale del direttore Raffaele Crocco nella nona edizione dell'Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo in libreria da metà ottobre

di Raffaele Crocco

Allora ci siamo: la nona edizione dell’Atlante delle Guerre e dei conflitti del Mondo è pronta. Da metà ottobre sarà nelle librerie o acquistabile on-line. Oggi a Roma c’è stata la presentazione alla stampa, grazie alla Federazione Nazionale della Stampa e in collaborazione con gli sponsor e i sostenitori. Questo è uno stralcio dell’editoriale che troverete sulla nuova edizione. Buona lettura.

Una buona notizia, quest’anno iniziamo da quella: le guerre sono 30 – per come le contiamo noi dell’Atlante – e sono 18 le situazioni di crisi. Tre in meno rispetto all’inizio del 2018. Vuol dire meno morti, meno sofferenza, meno persone costrette a fuggire. Algeria, Haiti e uno dei conflitti Indiani sono diventati “zona di crisi”, insomma si è abbassato il livello dello scontro. Se sarà pace, lo vedremo nel tempo. Proseguiamo con le cose belle. Nel 2018, milioni di ragazzi sono scesi in piazza sollecitati da una di loro, Greta Thunberg.

Hanno manifestato in modo civile, più volte, in tutto il Mondo, per dire a noi adulti che vogliono un Pianeta pulito, migliore, dove si possa davvero vivere. Vogliono fermare la corsa al suicidio. Lo hanno detto in modo chiaro. Potrebbero essere loro il cambiamento che ci serve.
L’introduzione dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del mondo numero nove parte da questi due elementi positivi, perché siamo sempre più convinti che avremmo – tutti, tutti insieme – la possibilità di fermare le guerre, il degrado, potremmo davvero costruire un Mondo giusto.

Avremmo gli strumenti, le conoscenze, la tecnologia, la ricchezza necessarie. Non farlo – e non lo stiamo facendo – è una scelta politica precisa, che ci trova tutti coinvolti, come vittime e come complici. Possiamo cambiare le cose, dicevamo. In realtà, rendiamo tutto complesso. Gli ultimi dati – li ha forniti l’Onu – dicono che abbiamo solo 12 anni di tempo per invertire la rotta del clima e ridare un futuro alla nostra presenza sul Pianeta. Tempi strettissimi, cui nessuno bada. Stati Uniti e un pezzo di Europa – Italia compresa – vanno avanti come se nulla fosse. Ora, in democrazie come le nostre, tutti noi cittadini dovremmo essere in grado di reagire. Dovremmo costringere i nostri rappresentanti – perché di questo
si tratta: chi governa ci rappresenta, nulla di più – a cambiare modo di agire. Non accade. Spesso non succede, perché come cittadini siamo pigri, distratti, male informati. Tornare a fare informazione in modo corretto sta diventando urgente e vitale. C’è da spaventarsi, scoprendo cosa si racconta in giro.

Ad esempio, i sondaggi rivelano che il 7% dei brasiliani pensano la Terra sia piatta. Un dato clamoroso, come scoprire che oggi nel 40% delle scuole degli Stati Uniti – sì, proprio la maggiore potenza mondiale – si insegna che il mondo è stato creato in una settimana, come dice la Bibbia. Stupido, direte, ma succede.
Andiamo sul concreto: i conservatori britannici hanno deciso di eleggere Boris Johnson per puntare alla Brexit ad ogni costo, dimenticando che questo significherebbe – al di là del possibile
disastro economico – l’uscita della Scozia dal Regno Unito. Contemporaneamente, in tutto il Mondo, i cittadini – lavoratori consentono al sistema di tagliare salari e diritti, praticamente senza reagire.

Non ci sono state reazioni al taglio delle tasse per i ricchi – e solo per loro – passate da un’aliquota media mondiale del 62% prima del 2010 all’attuale 38%. Nessuno si è scandalizzato per un miliardario che ha dato alla moglie – per il divorzio – 38miliardi di dollari: eppure nel Mondo, un terzo della popolazione vive con meno di 1 dollaro e 90 centesimi al giorno. Metà del Pianeta vive con 5 dollari al giorno.
Il problema è che le informazioni ormai non passano. La breve stagione della “cultura diffusa e per tutti” è diventata un mito del passato. Oggi, in Italia, il 40% della popolazione – lo dicono le statistiche – non è in grado di leggere e capire un libro. In Europa, solo il 22% compra almeno un libro l’anno. Negli Stati Uniti – modello virtuale delle nostre democrazie – i quotidiani non superano, complessivamente, i 60milioni di copie vendute: esattamente il numero di follower del Presidente Trump.

Il ruolo dell’informazione è sempre stato centrale, in una democrazia. Esattamente quanto quello della cultura. Il sistema ha attaccato entrambi, costruendo i presupposti per ridurre gli spazi di libertà e democrazia. Questo ha consentito di erodere potere d’acquisto e diritti senza che le vittime reagissero. Ha portato, inevitabilmente, ad alzare i livelli di scontro e conflittualità. La cattiva distribuzione della ricchezza e l’affossamento dei diritti hanno alimentato le guerre e messo in movimento 250milioni di esseri umani, costretti a cercar fortuna e vita lontani da casa, altrove. Informazione e cultura dovrebbero essere i nostri occhi, dovrebbero essere ciò che ci permette di guardare il Mondo e di capirlo. Stiamo permettendo a chi non ama democrazia e pace di chiuderci gli occhi, facendoci credere che così si vive meglio.

Non ci ricordano – e noi non ricordiamo – che gli occhi si chiudono quando si dorme e quando si muore.

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