Una maledizione chiamata rame

Dopo dieci anni di guerra negli anni Novanta per riappropriarsi delle proprie risorse minerarie gli abitanti di Bougainville votano adesso per secedere dalla Papua Nuova Guinea. Nascerà un nuovo Stato nel Pacifico?

di Emanuele Giordana

Sono oltre 200mila gli aventi diritto che sabato 23 novembre hanno detto la loro  loro opinione politica mettendo una scheda nelle urne dell’isola di Bougainville. Le urne rimarranno aperte per due settimane per consentire a tutti di votare. E forse il voto in una remota isola del Pacifico – dove perché tutti possano votare bisogna dare 15 giorni di tempo – sembrerebbe solo una curiosità e forse non meriterebbe tanta attenzione se non si trattasse di un referendum sull’indipendenza che forse potrebbe far nascere l’ennesimo piccolo Stato in una piccola isola da sempre al centro di appetiti invece giganteschi.

Louis Antoine de Bougainville

Bougainville – “scoperta” nel 1786 dall’esploratore francese Louis de Bougainville – è un’isola di 9mila kmq nell’arcipelago delle Salomone – uno stato insulare sovrano – a Est della Papua Nuova Guinea di cui costituisce una provincia autonoma da quando Port Moresby conquistò l’indipendenza nel 1975. Parte dell’Impero tedesco (fino al 1919 il Nord di Papua era conosciuto col nome di “Terra dell’imperatore Guglielmo”) è stata dunque una colonia del Kaiser che si divideva i territori papuasi con l’Olanda a Ovest (oggi terra indonesiana) e a Sudest col Regno Unito. Durante la prima guerra mondiale, la parte tedesca venne occupata dall’Australia cui fu poi affidata anche l’amministrazione dell’area britannica fino all’indipendenza – guidata dall’Onu – negli anni Settanta.

Ma Bougainville aveva un problema: un grosso tesoro che divenne la sua maledizione. Il rame. Due giorni dopo l’indipendenza della regione, Bougainville tentò di diventare una repubblica indipendente ma il colpo di mano ad Arawa – la capitale – fallì perché nessun governo riconobbe la nuova entità autoproclamata. Che finì sotto Port Moresby. I guai iniziano qualche anno dopo.

Gli australiani avevano già messo gli occhi da tempo sui filoni d’oro ma soprattutto sul rame dell’isola. La Rio Tinto, gigante australiano, si accorda nel 1972 con Papua per sfruttare la ricca miniera di Panguna, ancora oggi una delle più grandi riserve di rame del pianeta. A Port Moresby va il 20%, a Bougainville invece solo gli effetti nefasti della miniera. Il risentimento contro il centro unito allo sfruttamento delle risorse fa scoppiare nel 1988 una guerra che dura dieci anni con un bilancio di circa 15mila morti. Nel 2001 un accordo di pace ne sancisce la fine con la promessa di un referendum nel 2019 ed elezioni nel 2020.

La miniera di Panguna durante la costruzione negli anni Settanta

Dunque il referendum dovrà adesso dire se Bougainville vuole stare con Port Moresby o no. E si prevede la vittoria del no anche se la transizione sarà lenta e quanto uscirà dalle urne dovrà comunque essere ratificato dal parlamento di Post Moresby. Poi c’è la vicenda rame perché per adesso la miniera di Panguna resta sigillata e aveva già smesso di operare durante la guerra. Ma c’è anche altro. Un nuovo stato indipendente diventa comunque interessante nella guerra sommersa che si combatte nel Pacifico per garantire il transito delle merci il che rende Bougainville un nuovo possibile hub. In un territorio seduto su un tesoro di metalli preziosi ma dove sono ancora decine di migliaia gli sfollati interni, l’aspettativa di vita è di 59 anni, i servizi sono un miraggio e il tasso di mortalità infantile elevatissimo.

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