di Gabriele Carchella
Con i due fronti di guerra aperti in Medio Oriente e Ucraina, il tema del debito dei Paesi più poveri è finito in un cono d’ombra. Eppure, lontano dai riflettori, le proposte continuano a emergere. Tanto che l’approccio al debito, negli ultimi anni, si è decisamente trasformato. L’ultimo spunto l’ha offerto l’assegnazione del Premio Nobel per l’economia a Daron Acemoglu, Simon Johnson e James Robinson, meritevoli di aver dimostrato l’importanza di istituzioni sociali inclusive e dello stato di diritto per la prosperità di un Paese.
Dalla recente assegnazione del premio Nobel per l’economia il mondo non governativo ha tratto ispirazione per riportare in primo piano la discussione sul debito. Roberto Ridolfi, presidente di Link2007, storica rete che riunisce 15 Ong italiane, sottolinea come, per la prima volta, un premio Nobel per l’economia sia stato assegnato a “studiosi che hanno condotto ricerche che non puntano a massimizzare il profitto, ma a comprendere le disuguaglianze portando a conclusioni rivoluzionarie”. Le disuguaglianze, infatti, sono “l’anticamera di un modello economico totalmente inefficiente, che mal distribuisce la ricchezza, genera distorsioni e asimmetrie”.
Distorsioni ben note a Link2007, che già nel 2021, in occasione della presidenza italiana del G20, aveva presentato la proposta Release G20: “Non chiediamo la cancellazione totale dei debiti, ma la loro conversione in moneta locale per effettuare investimenti in fondi gestiti nei Paesi indebitati. In pratica, il Paese creditore rinegozia col Paese debitore: invece di restituire l’intero importo con gli interessi, quest’ultimo restituisce la metà, mentre l’altra metà in valuta locale confluisce in un fondo di investimenti. Il tutto può avvenire in linea con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e con il Piano Mattei. Privilegiando, nel rispetto della concorrenza leale, le imprese del Paese che ha condonato il debito”, continua Ridolfi. Si tratta, insomma, di un approccio che intende coniugare realismo e giustizia economica: “Non dobbiamo chiudere gli occhi nei confronti di soluzioni di questo tipo. Anche perché, finora, chi chiede che il debito sia cancellato per intero è stato perdente”.
L’esplorazione del terreno per passare dalle proposte ai fatti è già cominciata. Link2007 ha avviato interlocuzioni con otto Paesi africani, registrando l’interesse dei rispettivi ambasciatori. Ma l’elemento dirimente resta la volontà dei Paesi creditori, che potrebbero comunque essere attratti da un meccanismo pensato per portare vantaggi a tutti. Il prossimo G20 a presidenza sudafricana farà intendere se questa strada è percorribile nel breve termine, mentre è probabile che l’imminente Giubileo riporti in auge il dibattito sulle disuguaglianze esacerbate dalle guerre in corso.
Anche Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo all’Università degli studi di Milano e presidente del Civil7, la rete della società civile internazionale che dialoga con il G7 a presidenza italiana, ha commentato la scelta dell’Accademia reale svedese per le scienze economiche: “Lo studio dei tre economisti premiati quest’anno è dedicato a riflettere su quali condizioni, cioè quali regole, possono generare i benefici dell’economia di mercato e dunque sull’importanza delle istituzioni economiche. È un punto importante perché da molti anni oramai sappiamo che la perfetta efficienza del mercato è un mito”, spiega in un’intervista rilasciata all’agenzia Sir. È tuttavia necessario ampliare la visione, perché l’impostazione dei tre premi Nobel – sottolinea Moro – “considera in realtà praticamente solo la dimensione delle relazioni economiche guidate dall’interesse. L’economia è una dimensione della vita sociale, ma non l’unica”.
Nel 2000 Moro è stato coordinatore della Campagna giubilare della Cei per la remissione del debito estero ai Paesi poveri, tema che ha seguito da vicino anche in veste di presidente del Civil7: “Sarebbe necessario intervenire su tre fronti. Il primo è quello del debito che sta tornando ad essere un problema grave per molti Paesi a basso e medio reddito, perché ciò che si definì nel 2000 per gestire nuovi prestiti e orientarli verso la sostenibilità non è sempre stato rispettato, a causa delle crisi internazionali e per i comportamenti spregiudicati di alcuni attori. Oggi è necessaria una nuova iniziativa sul debito, più impegnativa del passato perché gli attori in gioco sono diversi. E a questo si sta effettivamente lavorando”, continua. Gli altri due fronti sono “l’impegno globale verso la tassazione equa e progressiva e una migliore regolazione dei mercati finanziari e del commercio internazionale”. Resta da capire se le guerre in Medio Oriente e Ucraina consentiranno un confronto sul debito costruttivo e scevro da interferenze politiche. Per questo, inevitabilmente, il primo appello della società civile è rivolto a chiedere una pace duratura.