Venezuela: fallito il golpe, si tenta l’arma dello sciopero generale

Quattro morti e 60 feriti.Usa e Russia si scambiano accuse. La Spagna chiede dialogo e elezioni: ma c'è chi non le vuole.

“E’ stato il gesto simbolico di alcuni soldati che mostravano scontento nei ranghi militari, e che avevano l’obiettivo di incoraggiare le truppe a disobbedire agli ordini del successore di Hugo Chávez. Ma non c’è stato  alcun segno di frattura all’interno delle forze armate, ingrediente indispensabile in un vero colpo di stato”. Così scrive El Pais, quotidiano di Madrid, riguardo al tentativo di sollevamento partito martedì 1 maggio dalla base aerea de La Carlota, a Caracas. 

L’insubordinazione era guidata dai luogotenenti colonnelli Ilich Sánchez Farías, capo della Guardia del palazzo legislativo federale, e Rafael Pablo Soto Manzanares, comandante del distaccamento 432 della Guardia nazionale, che hanno accompagnato i leader politici nelle proteste antigovernative di martedì.

Dove lo scontro non è stato affatto simbolico è nelle piazze: al momento in cui scriviamo si ha notizia di 4 morti, fra cui due adolescenti, e una donna uccisa con un colpo di pistola alla testa. E il bilancio dei feriti registrati supera i 60, di cui 5 delle forze governative. I manifestanti, scesi in piazza rispondendo all’appello di Guaidó, che dall’areoporto militare aveva chiamato al sollevamento popolare, e lanciando un appello ai militari “fedeli alla Costituzione” per deporre Maduro, definito “usurpatore”, avevano evidentementemente preso sul serio i toni del capo dell’opposizione, che facevano intendere che una buona parte degl uniformati appoggiavano il proclama.

Ma alla fine della giornata, per l’ennesima volta, l’insurrezione decisiva non c’è stata. Nicolàs Maduro ha potuto annunciare il fallimento del golpe, e la mattina seguente, dopo aver sfilato in una parata militare mattutina a Caracas, trasmessa dalla televisione di stato, ha detto alle truppe: “Quante morti ci sarebbero se una guerra civile iniziasse  qui a causa dell’insensatezza dei traditori e di chi complotta? Quanta distruzione fisica ci sarebbe stata e quanti anni di guerra avremmo affrontato? Perché noi non ci arrenderemo mai”.

La solidità del regime si basa sulla fedeltà dei vertici delle forze armate, e sull’appoggio fondamentale del contingente cubano. Forte di 200.00 uomini, e sopratutto dotato di un reparto di inteligence militare, capace di sventare un numero  imprecisato ma elevato di tentativi di golpe, come già rivelato all’inizio della crisi da un gruppo di militari ostili al governo Maduro fuggiti in Perù. Già dal primo tentativo di spallata al regime, le rivelazioni di militari venezuelani  avevano messo in luce questo aspetto del confronto in corso, che rende assai improbabile che un eventuale cambiamento di potere passi per le caserme.

Quello che vacilla ogni giorno di più è il destino del popolo venezuelano. L’unica centrale elettrica del Paese è sull’orlo del collasso; e l’embargo di fatto che grava sul Venezuela fa pensare che presto  anche le pompe che garantiscono il rifornimento d’acqua potrebbero bloccarsi, come i frigoriferi che conservano gli scarsi alimenti e medicinali. Mentre le potenze mondiali, nelle cui mani starebbe la soluzione all’emergenza, usano le sofferenze del popolo venezuelano come arma di accusa e di contrattazione.

Gli Usa, attraverso Bolton, hanno accusato  la Russia  di destabilizzare il Venezuela;”Siamo in un momento di scelte”, ha detto Bolton. “E non credo proprio che il presidente Trump sia pronto a vedere i governi stranieri prendere il controllo del Venezuela, che possiede le maggiori riserve di petrolio al mondo”. La Russia ha reagito duramente. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto al telefono a Pompeo, Segretario di stato americano,  che ulteriori “passi aggressivi” in Venezuela sarebbero pieni delle conseguenze più gravi, e ha sottolineato che “l’interferenza di Washington negli affari interni di uno stato sovrano e le minacce nei confronti della sua leadership sono una flagrante violazione del diritto internazionale”.

Intanto Guaidò ricorre all’arma delo sciopero generale per dare la spallata finale al governo di Maduro. Il piano prevede scioperi a scacchiera del settore pubblico, per giungere poi a uno sciopero generale, con il dichiarato intento di far cadere il regime. Gli appelli dell’opposizione in questo caso sono rivolti direttamente ai sindacati del regime, appellandosi alle insostenibili condizioni di vita che i lavoratori venezuelani affrontano ogni giorno, nella drammatica situazione che attanaglia il Venezuela. I prossimi giorni diranno che fortuna avrà questo nuovo tentativo.

Intanto le carte si scoprono: la trattativa è gelata da interessi  economici internazionali. Elezioni che riconoscano il movimento chavista come legittimo, e accettate dalla comunità internazionale, impedirebbero ciò che l’amministrazione Trump vuole: l’annullamento dei contratti per lo sfruttamento delle risorse petrolifere del Venezuela, al momento garantite a Russia e Cina da contratti firmati da Chavez e Maduro. Senza questo incentivo, il ritorno della pace in Venezuela, e di una democrazia garantita da nuove e legittime elezioni,    pare non interessare a nessuno, nel nuovo scenario internazionale.

(Red/Ma.Sa.)

 

 

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