Vietnam, il difficile equilibrio tra Mosca e Pechino

Dal nostro inviato nelle sempre difficili relazioni di Hanoi con la Cina e nell'antica amicizia con la Russia dai tempi dell'Urss e della guerra di liberazione. Oggi complicata dalla guerra in Ucraina

dal nostro inviato Raffaele Crocco

Mui Ne – Vietnam – Sono alberghi, ristoranti, negozi, anche qualche casa, piazzati dritti su una strada infinita, che corre lungo il mare. Mui Ne è tutta lì, davanti al Mar della Cina. Ho Chi Minh è poco distante, qualche centinaia di chilometri. Qui vengono i vietnamiti benestanti per il week end. Arrivano anche gli stranieri: molti nordamericani, svizzeri e soprattutto russi. Ci sono belle spiagge ed è uno dei paradisi del kitesurf.  Il posto è tranquillo, il turismo è in fase di rilancio dopo lo stop, inevitabile e drammatico, del Covid19. La signora dell’albergo che ci ospita dice che “abbiamo avuto davvero mesi complicati, ora per fortuna ci stiamo riprendendo”. Le dico: “tanti gli stranieri qui. Alcuni sembrano proprio di casa”. “E’ vero – mi rimanda-. E’ vero che sono di casa e qui investono”. Una parte del turismo di questa area è in mano a svizzeri e russi.

La Russia è l’amica di sempre, per i vietnamiti. Come Unione Sovietica era concretamente al loro fianco quando combatterono la lunga guerra di indipendenza, fra il 1946 e il 1975. Poi, ancora, quando negli anni ‘80 cin furono le guerre con Cambogia e Cina per le dispute territoriali. Ora, è ancora lì, partner fondamentale dal punto di vista economico e primo fornitore di armi per l’esercito. Spende molto, in proporzione al Pil, il Vietnam, per le proprie forze armate. Spende 1miliardo di dollari l’anno. Secondo Sipri, lo Stockholm International, Peace Research Institute, il 56% delle importazioni totali di Hanoi arrivano da Mosca. Sono armi poco costose e facili da usare. Al secondo posto Israele (19%), seguito dalla Corea del Sud (6,6%). Agli investimenti militari, con la Russia se ne aggiungono altri. L’interscambio commerciale ha toccato i 57 miliardi di euro e le imprese russe sono molto attive nella produzione di energia. 

Il problema è che le tensioni con la Cina, invece,  restano. Non è più la terra lungo la frontiera Nord ad essere contesa, ma il mare. Pechino vuole fare dal Mare del Cina un “Mare Nostrum”, controllando i traffici commerciali e spremendo ogni possibile risorsa fossile che si trovi a ridosso di una delle tante isole. In quel mare,  transitano un terzo dei trasporti di greggio globale e la metà del gas naturale destinati a Pechino, ma anche alle altre potenze asiatiche. E la Cina, in particolare, vede passare il 70% dei suoi acquisti di petrolio attraverso lo stretto di Malacca. Da Mui Ne, seduti in uno dei tanti bar che guardano il mare, si vedono interminabili convogli avanzare lenti, all’orizzonte.  Il Vietnam, come le Filippine d’altro canto, non ci sta. Reclama la propria parte di acqua. Lo scontro è latente e la tensione cresce con l’aumento dell’aggressività cinese, che sta investendo miliardi nella propria flotta e nell’aeronautica. 

Nell’ultimo anno, le cose si sono complicate. La guerra in Ucraina ha spostato equilibri e visioni del futuro. Il Vietnam è tra i Paesi che non hanno aderito alle sanzioni contro Mosca e non ha condannato l’aggressione russa, sostenendo di non voler prendere posizione. La posizione di Hanoi, però, è difficile. Da anni, la Repubblica Socialista del Vietnam segue la politica dei “4 no”: no ad alleanze militari, no a basi militari di potenze straniere, no a schieramenti contro stati terzi, no all’uso o alla minaccia dell’uso della forza nelle relazioni internazionali. Questo ha permesso ad Hanoi, a partire dal nuovo millennio, di creare buoni rapporti internazionali, anche con gli Stati Uniti e l’Unione Europea. L’attuale precaria posizione di Mosca potrebbe minare la posizione vietnamita nell’Asia-Pacifico e danneggiare gli interessi strategici.

Ma il vero problema resta il Mar della Cina. La nuova alleanza fra Mosca e Pechino, suggellata all’alba della nuova fase della guerra in Ucraina, potrebbe rivelarsi letale per il Vietnam. La Russia era stata in qualche modo, sin qui, la garante degli interessi vietnamiti, contrapponendosi a Pechino. Non è più così. In tempi recenti,  le posizioni russe sulle dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale non sono piaciute ad Hanoi. Il Vietnam basa la sua difesa sul diritto internazionale. Tenta di fermare l’aggressività cinese facendo rispettare la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS).  Mosca, però, non riconosce la sentenza della Corte Permanente di Arbitrato del 2016 che trova infondate le azioni provocatorie cinesi. 

Una presa di distanza che farà riflettere il governo vitenamita. La vicinanza crescente fra Mosca e Pechino potrebbe schiacciare Hanoi, togliendole i punti di riferimento diplomatici a livello internazionale. Oggi, India, Corea del Sud e Giappone sono considerati dal governo vietnamita partner importanti. Ma all’orizzonte potrebbe esserci il tentativo di far crescere la cooperazione con gli Stati Uniti – molto più interessati di Mosca a contenere Pechino sul Mar della Cina – assumendo in campo diplomatico una posizione intermedia tra le tre potenze. Washington, da questo punto di vista, sembra voler dare una mano, evitando di sottolineare, la posizione vietnamita sul conflitto in Ucraina. Per Washington, il Vietnam è un potenziale, futuro alleato strategico nel contenimento della Repubblica Popolare di Cina e nella partita per il controllo del Pacifico.

E’ un mondo che cambia rapidamente. Sul Mar della Cina, mosso e grigio nelle giornate di febbraio, il tempo scorre invece lento. I turisti continuano a visitare le spiagge e a riempire i ristoranti. Dispute e guerre, che potenzialmente sono lì, sulla linea dell’orizzonte, appaiono lontane.

Nel testo e in copertina, turismo a Mui Ne sul Mar della Cina. Foto dell’autore

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