Violenza, insicurezza e fame: l’inferno del Darfur Meridionale

Un rapporto di Medici senza Frontiere, illustra come l'impatto della violenza diffusa, di un sistema sanitario in rovina e di una risposta internazionale inadeguata abbiano reso la vita pressoché impossibile

Violenza, insicurezza e fame interessano sempre più persone nella regione sudanese del Darfur meridionale. Il rapporto ‘Voices from South Darfur’ pubblicato il 4 giugno da Medici senza Frontiere, illustra come l’impatto della violenza diffusa, di un sistema sanitario in rovina e di una risposta internazionale inadeguata abbiano reso la vita pressoché impossibile.

“Le voci e le storie delle persone riflettono la sofferenza, gli abusi e la crudeltà avvertiti nelle comunità del Darfur meridionale, ma anche la resistenza e la compassione delle persone – afferma Ozan Agbas, responsabile delle emergenze di MSF per il Sudan – Con la protezione dei civili al collasso e gli aiuti umanitari ancora inadeguati, la popolazione del Darfur meridionale chiede di essere ascoltata, chiede attenzione e chiede azioni concrete”.

Il Darfur Meridionale ha vissuto un’intensa guerriglia urbana nel 2023, che ha distrutto ospedali e infrastrutture. Secondo quanto sottolinea il rapporto la presenza umanitaria si è disintegrata con l’intensificarsi dei combattimenti e, sebbene i combattimenti terrestri siano al momento cessati, l’insicurezza rimane. La popolazione è tuttora soggetta a violenze nelle strade e nei terreni agricoli, nei mercati e sono frequenti le segnalazioni di detenzioni arbitrarie, furti e saccheggi. Il tutto mentre gli attacchi aerei e i droni continuano a colpire il Darfur Meridionale e altre parti del Paese.

Una piaga diffusa è la violenza sessuale. Da gennaio 2024 a marzo 2025 solo la ong Msf ha fornito assistenza a 659 sopravvissuti, di cui il 56% dichiara di essere aggredito da non civili.

La violenza generalizzata ha poi distrutto il sistema sanitario e non è più possibile ricevere cure adeguate: le strutture sono state distrutte, danneggiate o abbandonate, gli operatori sanitari sono fuggiti o non ricevono più lo stipendio, le forniture sono assenti o interrotte e le persone hanno difficoltà a permettersi i trasporti per raggiungere ciò che resta del sistema sanitario.

L’insicurezza, poi, è strettamente legata alla fame, poiché la minaccia della violenza ha impedito l’accesso ai terreni agricoli e al reddito. Tra gennaio 2024 e marzo 2025, la ong ha supportato programmi nel Darfur meridionale, curando oltre 10mila bambini e bambine di età inferiore ai cinque anni affetti da malnutrizione acuta e fornendo assistenza nutrizionale a migliaia di donne e ragazze malnutrite, incinte e in allattamento.

E non si attendono miglioramenti. La ong prevede infatti che la crisi della malnutrizione peggiorerà ulteriormente con l’imminente arrivo della stagione delle piogge e della stagione magra. A fronte dell’impennata dei costi alimentari, le famiglie sono costrette a sopravvivere con un solo pasto al giorno, a volte nemmeno quello.

Sul fronte degli aiuti emergono poi molte criticità. “Dall’inizio della guerra – scrive Msf – la risposta delle organizzazioni internazionali e delle agenzie delle Nazioni Unite è stata scarsa, incoerente e lenta ad arrivare nel Darfur meridionale”.

Le ong stanno gradualmente aumentando la loro presenza e le loro attività, ma le agenzie delle Nazioni Unite non sono ancora presenti sul campo per guidare e coordinare la risposta, a più di due anni dall’inizio del conflitto. “Le comunità – rileva Msf – lavorano in solidarietà per superare gli effetti della violenza. I vicini si sostengono a vicenda, condividendo il cibo. Gruppi di giovani sgomberano macerie e ordigni inesplosi e acquistano medicinali per gli sfollati che vivono nel loro quartiere. Gli insegnanti lavorano gratuitamente negli edifici saccheggiati”.

Foto Shutterstock

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