Zimbabwe, Bob e Grace non mollano le poltrone

di Tommaso Andreatta

Bob e Grace non mollano. Non vogliono mollare le comode poltrone governative dello Zimbabwe. E questo nonostante la forte opposizione registrata all’interno del partito.

Il partito è lo Zanu-Pf (Unione nazionale africana – Fronte Patriottico). Loro sono Robert e Grace Mugabe.

I Mugabe hanno annunciato di volersi ripresentare alle elezioni del 2018.

Lui, dall’alto dei suoi 94 anni, è ormai a fine corsa. Ma è la moglie, che di anni ne ha solo 51, che pare avere molto a cuore il mantenimento della residenza presso il palazzo presidenziale.

«Grace Mugabe non ha mai nascosto l’ambizione di prendere il posto dell’ultranovantenne consorte, diventando così la prima donna a governare il paese. Per la first lady, però, la strada verso la presidenza, che alcuni sostenevano fosse già spianata, si presenta più difficile e tortuosa del previsto» ricorda Marco Cochi, firma di primo piano di Nigrizia.

I Mugabe sono a dir poco una coppia “discussa”. Robert Mugabe è stato primo ministro del Paese dal 18 aprile 1980 al 31 dicembre 1987; dal 31 dicembre 1987 ricopre la carica di Presidente. È accusato di aver instaurato un regime dittatoriale. La sua controversa politica ha portato all’esclusione dello Zimbabwe dal Commonwealth e allo stesso tempo ha procurato al presidente la designazione di “persona non grata”, uno status che gli nega l’ingresso nell’Unione europea e negli Stati Uniti tranne per la partecipazione ad eventi organizzati dalle Nazioni Unite e dai suoi organi e a quelli organizzati in Città del Vaticano, in quanto i Patti Lateranensi obbligano l’Italia a non ostacolare chiunque voglia recarsi alla Santa Sede.

Il vecchio Robert è il leader del partito Zimbabwe African National Union. Ed è da lì che parte la corsa al potere. Per questo la consorte fa notare che all’interno del partito sono molti i sogetti che vorrebbero mettere in difficoltà la sua famiglia.

È un partito sempre più frammentato, indebolito da faide interne per ostacolare o favorire l’ascesa del suo vicepresidente, l’eroe della guerra di liberazione Emmerson Mnangawa. Un’ipotesi, questa, che impensierisce la donna, affamata di potere.

«In un recente articolo pubblicato sul sito dell’Austrian Economics Center, l’esperta di questioni africane Teresa Nogueira Pinto descrive tre scenari possibili dopo la morte di Mugabe: l’ascesa al potere dell’attuale vicepresidente Emmerson Mnangagwa, che porterebbe delle riforme; la vittoria di Grace Mugabe, che provocherebbe una grave crisi politica; l’implosione dello Zanu-PF, che trascinerebbe il Paese nel caos».

E Bob che dice? «Il presidente non accenna a dare segni di cedimento e anche lo scorso 21 febbraio, il giorno del suo compleanno festeggiato con una torta di 93 chilogrammi, ha confermato che governerà fino alla sua morte, come aveva affermato nel lontano 1980, quando per la prima volta fu nominato presidente».

«Distaccato da qualsiasi tipo di critica – scrive Futuro Europa – Robert Mugabe ha approfittato dei suoi 93 anni per mettere a tacere le voci sulla sua salute, determinato a portare avanti ad oltranza il suo regno. Da diversi anni Mugabe si muove tra Singapore e Dubai per interminabili check-up medici. “La maggioranza delle persone pensa che nessuno possa sostituirmi”, ha affermato il Presidente durante un’intervista televisiva. “Appena non mi sentirò più in grado di farlo, lo dirò e farò in modo che il mio Partito trovi qualcuno da mettere al mio posto, ma per il momento non penso poter affermare ciò”, ha puntualizzato il capo di Stato, apparso comunque affaticato ed esitante».

E così non è stato ancora individuato il soggetto a cui dovrebbe cedere “lo scettro”.

Intanto lo Zanu-Pf, sempre più fiaccato e con una dirigenza sempre più incattivita (ogni mondo è paese) deve fare i conti con «l’avanzata di altri diciotto partiti e i movimenti di cittadini, spesso trainati dai gruppi di studenti».

Lo Zimbabwe intanto boccheggia, ina una crisi economica pesante: la disoccupazione è arrivata al 95% mentre spesso la moneta di scambio è data dal baratto di capi di bestiame. In questo quadro i Mugabe, incapaci di risollevare le sorti del Paese, non hanno mai dato segni di sobrietà e, in alcuni casi, di decenza.

Nel solo 2016 il presidente ha speso più di 50 milioni di dollari in viaggi all’estero: il doppio della somma stanziata «per la riqualificazione degli ospedali e dei centri di salute del Paese».

 

http://www.futuro-europa.it/22842/esteri/i-93-anni-di-mugabe-tra-lusso-e-controversie.html

http://www.nigrizia.it/notizia/il-dinosauro-non-molla/notizie

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