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Banche fuori gioco?

Sfuggono ad ogni controllo e mettono in allerta l’economia mondiale. Per questo la diffusione dei bitcoin e delle altre criptovalute, ovvero quei beni di tipo digitale crittografati e utilizzati come modalità di scambio, è una osservata speciale.

L’invenzione di bitcoin sembra in effetti essere fatta apposta per spodestare il monopolio bancario, il sistema valutario del dopo gold-standard e con questi, la rete di sicurezza creata dai governi e dalle istituzioni internazionali contro il riciclaggio di denaro, l’evasione fiscale e l’esportazione illecita di capitali.

Per sua natura il bitcoin è sfuggente e volatile: l’idea che sta alla base è era infatti quella di creare una valuta digitale indipendente da ogni tipo di autorità o governo nazionale che permettesse di effettuare pagamenti elettronici a livello globale senza controlli, in maniera istantanea e soprattutto anonima. Due le principali caratteristiche, l’anonimato e la non tracciabilità, che facilitano un sistema fatto (anche) di evasori, riciclatori e bande di criminali che vogliono spostare capitali illeciti senza lasciare traccia.

La preoccupazione deriva anche da alcuni dati. I bitcoin sono arrivati nel 2017 a circa 18 miliardi di dollari di capitalizzazione mondiale. Solo lo scorso anno il bitcoin ha guadagnato oltre l’80% nel cambio sul dollaro, il 70% sull’euro e addirittura il 140% sullo yuan cinese. Inoltre le sue quotazioni salgono in parallelo con quelle dell’oro. Anche se è altrettanto vero che conosce fluttuazioni preoccupanti.

Il fenomeno del bitcoin, inoltre, ha guadagnato il 274mila per cento in appena 96 mesi di scambi. La criptovaluta ha circa 500mila conti individuali attivi da cui si originano 100mila transazioni al giorno, con un totale accumulato di 198 milioni di operazioni effettuate.

In tutto questo il rischio per le grandi e vecchie economie potrebbe essere altissimo:  perdere il controllo su emissione, circolazione e valore della moneta. Oppure i bitcoin potrebbero rivelarsi una semplice bolla speculativa con altissimi rischi per chi si  ritrova coinvolto. Si tratta infatti di uno strumento puramente finanziario dietro al quale non c’è alcuna garanzia da parte di un’autorità (statale, nazionale, internazionale) che ne possa rispondere in caso di caduta libera.

Il successo della criptovaluta sta nell’essere orizzontale e semplice. Il primo passo è acquistare e scaricare sul computer la App di bitcoin e poi aprire un conto nominativo individuale su una delle piattaforme digitali di scambio. A questo punto è possibile trasferire il denaro reale dal proprio conto bancario a quello aperto in bitcoin. Non potendo più essere tracciato, il titolare del conto può trasferire il patrimonio in bitcoin su un altro conto personale intestato a soggetti terzi. In questo modo i bitcoin cambiano Paese e giurisdizione e permettono al proprietario di scegliere il momento giusto per spenderli o cambiarli in altra valuta.

Tutto questo è difficile da monitorare e da dimostrare: per il momento solo le autorità di vigilanza cinesi hanno trovato una correlazione tra il boom dei bitcoin e la fuga di capitali dalla Cina, che ha provocato la caduta dello yuan.

Secondo molti osservatori un grande problema è l’assenza di regole capaci di disciplinare il fenomeno. Le criptovalute  vivono infatti sospese in un ‘vuoto normativo’, mentre altri addetti ai lavori fanno notare invece che molte delle più di 1.300 criptovalute conteggiate presentano le caratteristiche dei prodotti finanziari tradizionali e potrebbero quindi essere regolate come tali.

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