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Chi finanzia armi e nucleare

Chi investe in armamenti? Quante e quali sono le banche in prima linea in questo  business?

Questo approfondimento vuol tentare di rispondere a queste domande. Per farlo è possibile  partire dal rapporto 2018 “Don’t bank on the bomb” (‘Non investire nella bomba’) redatto dal Premio Nobel per la pace ICAN (Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari) e dalla Ong olandese PAX. Il testo è stato rilanciato in Italia dalla Rete Italiana per il Disarmo (vedi focus 1).

“Una nuova corsa agli armamenti nucleari – dice commentando il rapporto Beatrice Fihn, direttrice esecutiva di ICAN – ha avvicinato l’orologio del giorno del Giudizio, il cosiddetto Doomsday Clock, a un vero Armageddon, ma ha anche avviato una nuova corsa all’oro nucleare per coloro che vogliono trarre profitto da ipotesi di distruzione di massa”,

Ma prima di gridare all’apocalisse c’è da sottolineare che nel rapporto non ci sono solo aspetti negativi: accanto al massiccio aumento degli investimenti nella distruzione di massa si individuano infatti 63 istituzioni finanziarie con politiche che limitano o proibiscono gli investimenti in qualsiasi tipo di produzione di armi nucleari. Gli investimenti degli istituti finanziari non riguardano comunque solo il nucleare. Per avere un quadro della situazione c’è da considerare tutte le tipologie di armamento.

Il rapporto rileva che nel 2017 sono stati messi a disposizione 525 miliardi di dollari, con un aumento di 81 miliardi di dollari alle aziende produttrici di armi nucleari.

Tra questi 110 miliardi di dollari provenivano da tre società: BlackRock, Vanguard e Capital Group.

Inoltre il rapporto sottolinea che 329 banche, compagnie di assicurazione, fondi pensione e gestori patrimoniali di 24 paesi investono in modo significativo in armi nucleari.

Un altro punto fondamentale sta nelle venti maggiori compagnie produttrici di armi nucleari. La maggior parte di queste ha a propria disposizione significative risorse di lobbying a Washington, e secondo il dossier, trarranno beneficio dalla minaccia nucleare.

Emerge poi una nota positiva: dopo l’adozione del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari trenta società hanno cessato di investire in armi nucleari e due dei cinque maggiori fondi pensione al mondo stanno disinvestendo dalle armi nucleari.

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