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Cina-Africa, i passi del gigante asiatico nel Continente

3d african continent - Chinese flag

Commercio, cultura, aiuti economici, forza militare e molto altro: è durato anni il rodaggio. E’ stato lungo l’assestamento: Ora, si può dire che la presenza (per molti invasione) cinese nel continente africano è arrivata a buon punto. E l’espansione non accenna a bloccarsi.

La Cina è il primo partner commerciale dell’Africa. Le multinazionali di Pechino continuano la conquista del Continente e, con un piano di investimenti di oltre 60 miliardi di dollari e la creazioni infrastrutture, delocalizzazione della produzione e manodopera, ottengono infinite risorse naturali. Nel 2016 gli investimenti diretti non-finanziari delle imprese cinesi in Africa sono cresciuti del 31%.

Le relazioni tra Cina ed Africa si sono intensificate dal 2000 con la creazione del Forum per la cooperazione Cina-Africa (Focac). Sei anni dopo c’è stato il Libro bianco sull’Africa. Secondo gli osservatori, entrambe le azioni avevano come obiettivo quello di “ribadire che gli interessi cinesi in Africa si basano su vantaggi reciproci, secondo un rapporto paritetico finalizzato allo sviluppo del commercio e degli investimenti, senza alcuna intenzione di interferire negli affari di politica interna”. La cosiddetta linea ‘win-win’.

Per riassumere, si può quindi dire che la domanda cinese di risorse naturali e la necessità dell’Africa di dotarsi di infrastrutture hanno permesso alle relazioni sino-africane di svilupparsi rapidamente.

Secondo una ricerca condotta dalla John Hopkins School of Advanced International Studies di Washington, “il commercio sino-africano è passato da dieci miliardi di dollari nel 2000 a 220 miliardi nel 2014, per poi subire un calo dovuto alla caduta dei prezzi delle materie prime”. Una battuta d’arresto a cui il governo cinese vuole sopperire con la creazione due grandi vie di comunicazione. La prima è la nuova Via della Seta, una lunga strada di comunicazione e commerci con l’Europa e non solo. La seconda è la cosiddetta “collana di perle”, un lungo insieme di approdi commerciali che consenta alle merci di spostarsi via mare, in tutta sicurezza, dalla Cina al Vecchio Continente, passando attraverso l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e il canale di Suez.

Non a caso, il simbolo della presenza cinese in Africa è l’Etiopia. Dal 2000 il Paese del Corno d’Africa è diventato il secondo più grande beneficiario di prestiti cinesi in Africa, con finanziamenti molto diversificati che ammontano a 12,3 miliardi di dollari secondo la John Hopkins University.

Sul partenariato di tipo win-win cominciano però ad insinuarsi dubbi. Per molti anni, i regimi africani hanno accettato la presenza, perché Pechino rispetta la sovranità nazionale dei loro Paesi e “non si immischia in vicende interne che non riguardano le potenze straniere” (a detta di Robert Mugabe). Leggi democrazia, i diritti umani e sociali.

Posizione che piace a molti dirigenti africani: chi osteggia le relazioni Sino-Africane, infatti, lancia pesanti accuse di sfruttamento delle risorse minerarie africane in cambio di infrastrutture e investimenti. A questo, ben più grave, si aggiunge la scarsa presenza di manodopera africana nei canteri cinesi, accompagnata però dall’impiego massiccio di bambini molto piccoli nelle miniere.

Le critiche sono servite. Il colosso Huawei, che realizza il 15% del suo fatturato mondiale in Africa, per esempio forma ogni anno 12mila studenti in centri sparsi in Angola, Congo, Egitto, Kenya, Marocco, Nigeria e Sudafrica.

Nel complesso, in ogni caso, la presenza cinese nel continente pare sia ben vista dagli africani. Secondo un sondaggio realizzato nel 2016 da Afrobarometer in 36 paesi, il 63% delle persone interrogate sostengono che l’influenza cinese è “piuttosto” o “molto” positiva. Tra di loro, il 24% è convinto che il modello economico della Cina sia il più adatto al continente africano.

Le ombre restano. Il presidente keniota Uhuru Kenyatta, aveva espresso al Financial Times, forti preoccupazioni riguardo il deficit commerciale contratto da molti paesi africani con la Cina. Un rapporto della China-Africa Research Initiative (Cari) dell’Università John Hopkins rivela che nel 2015, i 54 paesi africani hanno registrato complessivamente un disavanzo di 34 miliardi di dollari con la Cina su scambi commerciali pari a 172 miliardi di dollari.

Un altro problema riguarda i prestiti concessi da Pechino ai Paesi africani. Sempre secondo il Cari, tra il 2000 e il 2014 i prestiti concessi dalla Cina agli Stati e organismi pubblici africani sono passati da 132 milioni di dollari a 86,9 milliardi di dollari.

Ma la colonizzazione del nuovo millennio non è solo economica, è anche culturale. Negli anni sono sorti numerosi centri culturali finanziati da Pechino, chiamati “Istituto Confucio”. L’obiettivo di insegnare alla popolazione locale come fare affari in lingua e stile cinese.

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