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Dossier/ Gli attacchi alla libertà di espressione

Nel 2021 almeno 160 Stati membri dell’Unesco avevano ancora leggi penali sulla diffamazione e negli ultimi cinque anni è stata approvata una serie di nuove leggi che puntano a stigmatizzare la cattiva informazione e la disinformazione, il crimine informatico o l’incitamento all’odio, ma con implicazioni potenzialmente gravi per la libertà dei media.

A dirlo il rapporto Globale dell’Unesco sull’Orientamento del Mondo relativamente alla Libertà di Espressione e Sviluppo dei Media (2021-2022), pubblicato nel dicembre 2022. Il rapporto rileva inoltre che, dal 2016 sono stati adottati o emendati almeno 57 leggi e regolamenti in 44 Paesi che rappresentano un rischio per la libertà di espressione online e la libertà dei media.

Qualche tendenza positiva però c’è: i progressi nella giurisprudenza e nella “soft law”, così come la forte spinta di gruppi di avvocati, hanno portato ad alcuni progressi verso la depenalizzazione della diffamazione in un certo numero di Paesi in diverse regioni negli ultimi due decenni. Questo processo, però, si è notevolmente rallentato negli ultimi cinque anni, anche a causa del ricorso alla regolazione penale della diffamazione.

In tutte le Regioni, c’è stato, infatti, un aumento dell’uso di reati di diffamazione per limitare la libertà di espressione online. Secondo la Commissione per la protezione dei giornalisti nel 2021 erano 294 i giornalisti detenuti (livello record), di cui 142 (8%) accusati di diffamazione, 47 collegati a insulti etnico religiosi, vendette, notizie false o accuse di azioni intergovernative e 24 per insulti etnico religiosi. Tra il 1992 e il 2020 il totale di giornalisti detenuti è di 1866.

A tutto questo si somma la pandemia da Covid-19, che ha aumentato le preoccupazioni per le diverse misure adottate dai governi a scapito della libertà di espressione. Il rapporto ha riscontrato casi di questo tipo in quasi 30 Paesi, in particolare in Asia e nel Pacifico.

Un’altra questione riguarda poi le leggi sulla blasfemia, l’insulto religioso e l’apostasia che rimangono attive in tutte le regioni e sono state aggiornate o recentemente approvate in alcuni Stati. La relativa pena va dalla sanzione pecuniaria, alla reclusione, alla pena di morte. I livelli più elevati di restrizioni imposte alla libertà di espressione in relazione alla religione riguardano gli Stati arabi e in Paesi di Asia e Pacifico.

*In copertina Photo by Michael Dziedzic on Unsplash, di seguito fue grafici tratti dal rapporto Unesco

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