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Europa poco unita molto armata

a cura di Alice Pistolesi

L’integrazione europea passa, anche, dalle armi e si sostanzia in un aumento del 2200% del Fondo Europeo per la Difesa nei prossimi dieci anni. Un finanziamento senza precedenti.

La Commissione Europea ha pubblicato il 12 giugno 2018 le proprie proposte per l’area riguardante Difesa e Sicurezza nell’ambito del prossimo Bilancio a lungo termine dell’Unione Europea.

Il vertiginoso aumento porterà il fondo dai 0,59 del 2017 a 13 miliardi di euro, per arrivare al 2027 con una Unione Europea che avrà speso di più per la ricerca militare che per gli aiuti umanitari.

Non mancano le voci critiche. Una su tutte quella di Enaat (European Network Against Arms Trade) la Rete europea della società civile contro il commercio di armi: “Tale Fondo sovvenzionerà le aziende private sostenendo la ricerca e lo sviluppo di armamenti controversi, che saranno poi utilizzati o esportati in base a meri interessi industriali o a strategie nazionali”.

“Il prossimo bilancio a lungo termine conferma il cambio di paradigma dell’Ue verso un concetto armato di sicurezza con risposte militari a problemi complessi, così come l’eccessiva influenza del complesso militare-industriale sulle decisioni politiche in seno all’Unione: le stesse aziende che consigliano l’Ue a riguardo di questa scelta saranno tra i principali beneficiari dei relativi finanziamenti” ha affermato Laetitia Sédou, responsabile del Programma Ue per Enaat.

Secondo l’Enaat il Fondo Europeo per la Difesa concentrerà gli investimenti in particolare sulla tecnologia militare senza equipaggio, come i droni armati o i cosiddetti ‘Killer Robots’.

A questo proposito Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il Disarmo, avverte: “L’uso di droni armati, e nel prossimo futuro di armi completamente autonome, sta cambiando il volto della guerra e mettendo in crisi e sotto scacco la legislazione internazionale. È particolarmente preoccupante che l’Europa ponga lo sviluppo di una tecnologia così problematica nelle mani di un’industria militare che ha come scopo finale il solo profitto”.

Le proposte confermano la direzione stabilita nell’accordo del novembre 2017, annunciato dall’alto rappresentante per gli Affari esteri e la Sicurezza Ue Federica Mogherini, di “una cooperazione strutturale e permanente” in materia Difesa.

L’accordo tra 23 dei 28 Stati membri prevedeva infatti che i programmi di difesa europea si fondassero “sull’aumento dei bilanci”.

Il testo porta i timbri del governo tedesco e di quello francese che hanno avviato anche altre tipologie di accordo bilaterale: quella sull’aviazione con protagonisti gli Eurofighter e i Rafale, oltre alla partnership tra le grosse industrie di armamenti francese e tedesca sui carri armati e per produrre droni e scambiare informazioni tra cybercommando.

Il riarmo dell’Unione Europea e dei principali Stati che la compongono (vedi approfondimenti e focus seguenti) è, secondo molti osservatori, la risposta all’american first riesumato dall’amministrazione Trump.

Più volte la cancelliera Merkel ha affermato che “noi europei dovremmo prendere di più il nostro destino nelle nostre mani” perché non possiamo “sperare più, come abbiamo fatto in modo incauto per decenni, che gli Stati Uniti se ne occupino al posto nostro”.

E in effetti il riarmo è lampante. La Francia è al quinto posto nella classifica mondiale redatta dal Sipri (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma) sulle spese militari. Tra gli europei segue la Gran Bretagna al settimo posto e la Germania al nono. Chiude la classifica dei dodici, l’Italia. Non è nella top 12 ma non sono da sottovalutare nemmeno gli investimenti spagnoli che dai 14 miliardi di euro del 2016 sono passati ai 16 del 2017.

Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia rappresentano il 10% della spesa militare globale del 2017. Tra il 2016 e il 2017 la spesa militare è aumentata nell’Europa Centrale del 12% arrivando a 24,1 miliardi di dollari e nell’Europa Occidentale dell’1,7% attestandosi sui 245 miliardi.

Da sottolineare anche le controtendenze: l’investimento in armi è diminuito del 18% nell’Europa dell’Est, anche se questo dato deriva principalmente dal notevole calo di investimenti della Russia.

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