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Russia/Salvador, le due facce della criptomoneta

di Marco Grisenti

Una cosa è certa: il Bitcoin divide. Da una parte ci sono quelli, come la Banca Centrale Russa, che vogliono bandire la criptovaluta per il rischio di forte instabilità finanziaria che ne scaturirebbe, rendendo fragile la sovranità del Paese e vanificando le sue politiche monetarie. Dall’altra quelli, come El Salvador, che l’hanno addirittura adottata come moneta in corso legale: il primo paese al mondo a consentire ai cittadini di fare acquisti in tutti i negozi e di pagare le tasse tramite bitcoin. A discapito di una crescente preoccupazione della propria popolazione, nonché del FMI, che in un comunicato del 25 gennaio scorso ha espressamente chiesto al Paese di rinunciare alla criptomoneta. Ben lungi dal voler essere esaustivi di un argomento oltremodo complesso, cerchiamo di fare luce sulle due decisioni.

Nel primo caso, stiamo parlando di una delle nazioni più attive nel mining di criptovalute. Le principali strutture si trovano nel nord del paese e in Siberia, dove basse temperature ed energia a costi limitati favoriscono questo tipo di business. BitRiver, Minespot e BitCluster sono tra le maggiori aziende che forniscono servizi nel settore, all’interno di un polo che è diventato sempre più importante soprattutto dopo che la Cina, lo scorso novembre, ha vietato qualsiasi transazione finanziaria legata alle criptovalute. Ragione per cui molte aziende cinesi sono emigrate nel vicino Kazakhstan. Tuttavia, in Russia, la Banca Centrale, sulla falsariga del governo di Pechino, ha rivelato nel suo ultimo rapporto l’intenzione di proibire l’uso e la creazione di tutte le criptovalute a livello nazionale… (segue su Unimondo)

Nel testo e in copertina: diffusione e status del Bitcoin

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