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La Palestine Youth Orchestra, una orchestra che si fa nazione

 

 

Si è conclusa ieri a Ravello la tournée che ha portato per la prima volta in Italia la Palestine Youth Orchestra. Creata nel 2004 dal Conservatorio Nazionale Palestinese “Edward Said” (intellettuale palestinese e cofondatore con Barenboim della  West-Eastern Divan Orchestra) la PYO è composta da più di 70 musicisti, dai 14 ai 26 anni, provenienti da diverse città dei Territori palestinesi occupati e dai Paesi arabi della diaspora. Si riuniscono una sola volta l’anno, due settimane di prove e poi una serie di concerti all’estero. Ad ospitarli ogni anno un Paese diverso.
Quella italiana, dicono i musicisti, è stata la tournée migliore. Organizzata grazie all’impegno del Conservatorio di Musica Niccolò Paganini di Genova, del Conservatorio di musica Santa Cecilia di Roma e della Oslo Philharmonic, ha portato la PYO ad esibirsi a Vernazza, Genova, Firenze, Roma e Ravello, dove hanno tenuto ieri sera l’ultimo concerto.
Portare in tournée la Palestine Youth Orchestra non è mai impresa semplice considerando le pesanti restrizioni imposte dall’occupazione israeliana. L’anno scorso  esibirsi è stato particolarmente complicato perché, a causa della mancanza di fondi per sostenere il progetto e le spese di viaggio, l’Orchestra ha scelta di esibirsi in Palestina.
“La Palestina è paradossalmente il posto più complicato dove portare in concerto la Palestine Youth Orchestra – spiega l’italiano Michele Cantoni, direttore artistico della PYO – ci sono giovani musicisti che vivono in Siria e in Libano e dato che la Palestina non ha il controllo delle proprie frontiere, i musicisti che abbiamo invitato l’anno scorso non sono potuti venire perché il governo israeliano non ha dato loro  il permesso di entrare”.
Nonostante l’occupazione militare israeliana in Palestina è però cresciuta negli ultimi anni una solida cultura musicale. Fino al 1993 non esistevano scuole di musica, poi un gruppo di musicisti locali ha aperto il primo  Conservatorio Nazionale, con sede a Ramallah. Solo 3 o 4 insegnanti e 40 studenti all’inizio, ma oggi il Conservatorio Nazionale Palestinese ha 5 sedi – a Ramallah, Gerusalemme, Betlemme, Nablus e Gaza – 62 insegnanti e più di mille studenti che frequentano regolarmente il conservatorio.
“Negli ultimi vent’anni – spiega Cantoni – c’è stato un aumento notevole del numero di professori, studenti e sedi. Io che vivo a Betlemme dal 2004,  ho visto in questi otto anni anche la qualità trasformarsi e crescere di anno in anno, sia dal punto di vista dell’insegnamento che dell’apprendimento, oltre ad uno sviluppo incredibile di musica araba”.
Il grande talento e il repertorio di musica araba, tradizionale e non, accanto a quello classico occidentale, rendono indimenticabili i concerti di questi giovani musicisti e compositori, diretti, nella torunée italiana, dalla gallese Sian Edwards. Emozionante il violino arabo di Maias al Yamani con il suo “Sea Waves”, il clarinetto di Mohamed Najem e la voce della soprano Dima Bawab.
Sul palco i musicisti sono vestiti di nero come tutti gli orchestrali del mondo, ma ognuno porta la tradizionale kefiah, alcuni al collo, altri legata al braccio o ai capelli. Strumenti diversi, volti diversi, città e Paesi diversi ma che sul palco diventano una cosa sola. Una orchestra che si fa nazione, la Palestina, nonostante  il mancato riconoscimento internazionale.
“Questo è anche il senso di questa orchestra – spiega Luisa Morgantini tra i promotori della tappa romana della tournee -. La resistenza all’occupazione attraverso la cultura e la musica. La Palestina è sempre stata, malgrado i nostri stereotipi, un paese che pullula di iniziative e che ha avuto sempre una formazione di musica classica. E’ importante far conoscere in Italia l’arte e il talento dei palestinesi”.

 
Per maggiori informazioni e per sostenere il progetto PYO
http://ncm.birzeit.edu/

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