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Dossier/ La Corte Penale Internazionale sulla guerra in Ucraina

La sede della CPI all'Aja (Paesi Bassi)

Il 18 marzo la Corte Penale Internazionale (CPI) emette un mandato d’arresto per crimini di guerra nei confronti del presidente russo, Vladimir Putin, e della commissaria per i diritti dell’infanzia, Maria Lvova-Belova. Per i giudici dell’Aja sono responsabili di aver deportato con la forza bambini ucraini in Russia. “È una certificazione giudiziaria dei crimini di guerra che sono stati commessi, in aggiunta alle sanzioni politiche (le due votazioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite) e a quelle economiche”, evidenzia all’Atlante Cuno Jakob Tarfusser, magistrato italiano, fino al marzo 2018 giudice della Corte Penale Internazionale. “Tutte e tre insieme, queste azioni vanno a logorare o a indebolire la forza di Putin”.

È la prima volta che la Corte Penale Internazionale agisce nei confronti di un Paese membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. La risposta del Cremlino non si è fatta attendere: il 22 marzo annuncia di aver aperto un procedimento contro i giudici della della CPI firmatari dei mandati di cattura. Per la Russia, quella contestata era una campagna umanitaria per proteggere orfani e minori abbandonati nella zona del conflitto. Una settimana prima, quando erano circolate l’azione della Corte era già nell’aria, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva dichiarato che il loro Paese non riconosce la giurisdizione della CPI.

* Nella foto, la sede della CPI all’Aja (© Friemann/Stutterstock.com)

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