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Prove di dialogo

Questa riflessione nasce da alcune scelte coraggiose, nella direzione del dialogo interreligioso, fatte in questi anni da papa Francesco Bergoglio che ha più volte incontrato – in Italia e in Egitto – il grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Muhammad Al-Tayyib

di Raffaele Crocco

Harun al-Rashid era un califfo. Pare sia lui ad avere ispirato le novelle delle Mille e Una Notte. Pare anche fosse molto curioso di capire chi era Carlo, l’uomo che in Europa aveva ricreato l’Impero Romano occidentale, dopo 4 secoli di vuoto. Da Bagdad dialogò con Carlo Magno, gettando un ponte fra cristiani e musulmani. Si era all’inizio, allora, della lunga contesa fra cristianesimo e islam. Nella Spagna appena conquistata, ad esempio, l’islam regnava condividendo scienza e quotidianità con cristiani ed ebrei. Una consuetudine che avrebbe fatto la grandezza di Al Andalus, l’Andalusia, con le sue città splendenti e colte.
Qualche secolo dopo, nel pieno della quinta crociata, un frate di nome Francesco sarebbe andato in Egitto ad incontrare il sultano Malik al-Kamil, nipote di Saladino. L’incontro fu nel settembre del 1219 a Damietta, poco distante dalla città che noi oggi chiamiamo Il Cairo. Le cronache parlano di un dialogo rispettoso e denso, fra i due.

Poche anni dopo, fu Federico II, stupor mundi, a dimostrare che il dialogo può funzionare: partì da Brindisi, nel 1228, per la sesta crociata. Lui, siciliano normanno, parlava l’arabo molto meglio del tedesco. Mandò in tutto il Mediterraneo ambasciatori e diplomatici: arrivò ad Acri il 7 settembre 1228. L’11 febbraio dell’anno dopo, senza battaglie, senza scontri, concluse una pace con il sultano. Ottenne Betlemme, Nazareth, Lidda, Sidone e Tibnin. Soprattutto, riprese Gerusalemme, ad eccezione della spianata del Tempio e della moschea al-Aqsà.

E’ storia antica quella del dialogo fra mondo cristiano e mondo islamico. E’ storia di un dialogo che appare inevitabile, a dispetto di tutto. Non entro nelle questioni teologiche, religiose. Mi limito alla geografia: si vive, almeno come cuore, come origine, lungo il medesimo mare. Si frequentano da secoli gli stessi deserti, le medesime città. I luoghi di culto sono spesso uguali.
C’è però un problema: è un dialogo fatto di episodi isolati, che si bruciano in pochi decenni. Negli ultimi cinquant’anni, la voglia di dialogare – evidente, forte – si è scontrata spesso con le evoluzioni anche di tipo politico.

Ad esempio: soprattutto dal secondo dopoguerra, l’islam è diventato la speranza di riscatto per milioni di persone. Là dove i diritti umani essenziali non venivano e non vengono rispettati, la fede in Allah si è trasformata nell’unico mezzo di lotta e affermazione, rafforzando però identità che spesso diventano chiuse e poco disposte al dialogo. Nel contempo, pensate la contraddizione, ci sono state oligarchie che proprio nella identità religiosa e nella interpretazione rigida del Corano hanno trovato le formule per governare. Un mix di irrigidimento e chiusura non superato da quelle che molti hanno chiamato “Primavere Arabe”. Le rivolte del biennio 2011 – 2012 non hanno portato a sostanziali modifiche negli assetti politici, hanno creato scarsa democrazia, almeno per come la interpretiamo in Europa. In poche parole: non hanno coinvolto nella gestione della cosa pubblica i cittadini e non hanno affermato i diritti inalienabili delle persone.

Il nodo di fondo resta quello dei Diritti Umani, che le Religioni del Libro – cioè ebraica, cristiana e islamica – non accettano fino in fondo, creando evidenti “blocchi” al dialogo. La questione della reciprocità, ad esempio, cioè la possibilità di praticare liberamente la propria religione, non trova spazio ancora in molti Paesi islamici. In Europa – pensiamo a molti Comuni italiani – si fatica a permettere la nascita di moschee e l’antisemitismo ha ripreso quota, tornando violento.

Problemi enormi, che fanno crescere la diffidenza e aumentano la difficoltà di dialogo fra popoli e persone. Da laico, credo che la soluzione possa essere proprio nell’applicare, tutti, ciò che prevede la Dichiarazione Universale di Diritti dell’Uomo. Su quel terreno forse troveremo la chiave per un dialogo duraturo.

Nell’immagine di copertina Hārūn al-Rashīd (riprodotto anche nel testo a sn) mentre riceve la delegazione di Carlo Magno (nel testo a dx) a Bagdad, nel dipinto di Julius Köckert.

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