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Una campagna per chiudere Guantanamo

Amnesty International USA activists, holding a banner that says 'Close Guantanamo, protest the 10th anniversary of the Guantanamo Bay detention centre, in front of the White House, Washington DC, USA, 11 January 2012.

Chiudere la prigione americana di Guantanamo e perseguire i responsabili delle torture e delle violazioni dei diritti umani. Con questi obiettivi è partita alla fine di agosto la “campagna Guantanamo” lanciata dall’associazione Peacelink. La campagna, alla quale l’Atlante delle guerre ha aderito, si rivolge al presidente del Consiglio Mario Draghi e ai parlamentari italiani ed europei perché facciano pressione sul governo Usa e lo richiamino al rispetto dei diritti umani. “I reclusi – scrivono i promotori – non sono classificati dal governo USA come prigionieri di guerra né come imputati di reati ordinari; vengono torturati e trattenuti a tempo indeterminato in assenza di un processo equo e senza cure mediche adeguate”.

Il presidente Usa Joe Biden aveva preso l’impegno, durante la campagna elettorale del 2020, di chiudere la prigione. Al momento restano 39 detenuti a Guantanamo Bay, tra cui Moath al-Alwi, catturato dalle forze pachistane vicino al confine con l’Afghanistan nel dicembre 2001 e consegnato all’esercito degli Stati Uniti. Negli anni si stima siano stati quasi 800 le persone detenute nelle celle e nelle camere di tortura della prigione speciale della base di Guantanamo a Cuba.

L’approfondimento dell’Atlante delle guerre sulle ultime vicende di Guantanamo

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