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La guerra di Saïed contro l’Africa subsahariana

di Marta Cavallaro

Secondo il Presidente tunisino Kais Saïed, il problema più grande che minaccia il suo non riguarda la crisi economica, la disoccupazione cronica o la recente svolta autoritaria nella politica tunisina. Il pericolo più grande per la Tunisia deriva piuttosto da una “cospirazione” attualmente in atto per “cambiare la composizione demografica” del Paese, inondandolo di rifugiati e migranti provenienti dall’Africa subsahariana. L’obiettivo sarebbe “trasformare la Tunisia in una nazione puramente africana senza alcuna affiliazione al mondo arabo e islamico”. Tali accuse sono state pronunciate dal Presidente il 22 febbraio durante un incontro con il Consiglio di Sicurezza nazionale, dedicato alla lotta contro l’immigrazione proveniente dai Paesi dell’Africa subsahariana. Saïed ha anche accusato le “orde di immigrati clandestini” di “violenza, crimini e atti inaccettabili”, invitando le forze dell’ordine a “porre rapidamente fine a questo fenomeno”.

Saïed non ha offerto alcune prove per appoggiare le sue dichiarazioni, che riecheggiano le teorie della “grande sostituzione” ricorrenti tra i movimenti di estrema destra e i suprematisti bianchi in Europa e nel Nord America. Nonostante ciò, le sue parole hanno esasperato un clima di violenza e razzismo che già si respirava nel Paese. La detenzione di persone migranti e le invettive razziste online erano già in aumento prima del discorso di Saïed, ma i suoi commenti e i suoi inviti ad intensificare la repressione degli stranieri li hanno portati a livelli mai visti. Il 23 febbraio le autorità tunisine hanno annunciato l’arresto di 122 africani subsahariani per soggiorno senza documenti”, mentre un’altra decina è stata detenuta vicino al confine con l’Algeria. Lo stesso giorno il Ministero degli Affari sociali ha invitato i datori di lavoro a licenziare immediatamente i dipendenti sprovvisti di documenti, sottolineando che il Governo continuerà a rafforzare la sua “campagna di monitoraggio” attraverso i Ministeri degli Interni e del Lavoro. Molti migranti si sono ritrovati senza lavoro da un giorno all’altro, altri sono stati sfrattati dalle loro case. A tutto questo si aggiungono i casi di violenza fisica. Secondo quanto riportato da InfoMigrant, qualche giorno dopo le dichiarazioni del Presidente quattro migranti sono stati accoltellati nella città costiera di Sfax, mentre a Tunisi quattro studenti hanno riferito di essere stati aggrediti dopo aver lasciato la loro residenza universitaria. Numerose sono le testimonianze di persone confinate in casa, troppo spaventate di essere denunciate per uscire.

Tanti hanno deciso di partire e tornare a casa. Secondo quanto riportato da France24, diverse centinaia di migranti sarebbero già stati rimpatriati in Guinea, Costa d’Avorio e Mali. Le ambasciate della Costa d’Avorio e del Mali avrebbero anche fornito alloggio di emergenza nei primi giorni successivi alle dichiarazioni del Presidente per ospitare i migranti sfrattati dalle loro case. I cittadini senza rappresentanza diplomatica in Tunisia si sarebbero invece sistemati in accampamenti di fortuna davanti agli uffici dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni a Tunisi. Il giro di vite del Governo contro i migranti era già stato condannato prima delle pericolose dichiarazioni di Saïed. Il 16 febbraio diverse organizzazioni della società civile locale e internazionale accusavano il Governo di “chiudere un occhio sull’aumento di discorsi d’odio e del razzismo” sui social network e nei media. Al contempo, accusavano anche le politiche migratorie europee, che stanno “trasformando la Tunisia in un attore chiave nella sorveglianza delle rotte migratorie nel Mediterraneo”. Dopo le dichiarazioni di Saïed, diverse organizzazioni hanno annunciato la creazione di un “fronte antifascista” per opporsi alla repressione dei migranti. Anche quattro partiti politici hanno rilasciato una dichiarazione in cui denunciano la retorica e le politiche migratorie del Presidente, sottolineando che la legge tunisina criminalizza il razzismo e i discorsi di odio.

Le condanne sono arrivate anche dai piani alti. L’Unione africana (UA) ha criticato la Tunisia, esprimendo “profondo shock e preoccupazione per la forma e la sostanza” dei commenti del Presidente e ricordando al Paese che gli Stati membri dell’UA hanno l’obbligo di “trattare tutti i migranti con dignità, da qualsiasi parte provengano, astenersi da discorsi di odio razziale che potrebbero danneggiare le persone e dare priorità alla loro sicurezza e ai loro diritti umani”. La Banca Mondiale ha comunicato di voler sospendere i colloqui sul suo futuro impegno nel Paese a causa della repressione dei migranti. L’amministrazione Biden a Washington si è dichiarata “profondamente preoccupata per le osservazioni del Presidente sulla migrazione” e ha esortato le autorità tunisine a “rispettare gli obblighi di diritto internazionale sulla protezione dei rifugiati, dei richiedenti asilo e dei migranti”.

Una voce discordante proviene dell’Italia. Il 27 febbraio, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso vicinanza alle autorità tunisine e ha dichiarato che il Governo italiano è in prima linea nel sostenere la Tunisia nelle attività di controllo delle frontiere e nella lotta al traffico di esseri umani”. Per dimostrare il proprio sostegno alla repressione dei migranti in seguito alle dichiarazioni di Saïed, l’Italia ha promesso di fornire al Paese cento pick-up, per un valore totale di oltre 3,6 milioni di euro, da utilizzare nella lotta all’immigrazione “illegale”. Tali promesse rientrano nei recenti sforzi diplomatici dell’attuale Governo italiano con Paesi come Egitto, Libia e Tunisia per raggiungere accordi che permetterebbero di fermare i migranti direttamente prima di partire dalle coste del Nord Africa. La Tunisia, le cui coste si trovano a meno di 150 chilometri dall’isola italiana di Lampedusa, è infatti un punto di partenza fondamentale per i migranti africani che cercano di raggiungere l’Europa. Secondo dati italiani, l’anno scorso più di 32.000 migranti, tra cui 18.000 tunisini, sono sbarcati in Italia partendo dalla Tunisia. Il 23 febbraio, il ministro degli Esteri tunisino Nabil Ammar ha incontrato l’ambasciatore italiano Fabrizio Saggio per discutere di cooperazione bilaterale. L’incontro faceva seguito alla visita di Tajani avvenuta il mese scorso, durante la quale il Ministro italiano aveva invitato le autorità tunisine a frenare il flusso di migranti verso l’Italia, definendolo “una piaga per la Tunisia come per l’Italia”.

La lotta alle migrazioni è uno dei tanti assi nelle maniche di Saïed. Eletto nel 2019, negli ultimi due anni Saïed si è gradualmente impadronito del potere politico. Nelle scorse settimane il Presidente ha utilizzato il suo potere per arrestare importanti critici e leader dell’opposizione, presi di mira come “terroristi” e “traditori”. I migranti sono l’ultimo di una lunga serie di capri espiatori che, a partire dal Covid, il Saïed ha usato per giustificare la sua svolta autoritaria e l’assenza di un disegno economico per stabilizzare il Paese. Chi sarà il prossimo? Fino a quando il Saïed sarà in grado a creare un nemico pubblico su cui scaricare le colpe e le mancanze del suo regime?

In copertina, vista del palazzo presidenziale. Nel testo, il Capo di Stato

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