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La piazza di Soleimani

I funerali di Stato per il generale Qasem Soleimani, ucciso dagli americani venerdi in Irak, hanno riempito le strade di Teheran. Il leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Khamenei, ha guidato le preghiere e ad un certo punto è stato visto piangere. La televisione statale ha mostrato enormi folle a Teheran per l’evento dove il generale  è stato salutato come un eroe nazionale. Considerato un uomo chiave del regime verrà portato poi a Qom per un’altra celebrazione ufficiale e infine nella sua città natale dove si svolgerà l’ultima cerimonia prima della sepoltura.

La gente piangeva – scrive oggi Bbc – mentre altri stringevano le foto del defunto comandante e gridavano  “morte all’America”. Ma se i funerali sono una prima prova di forza nelle piazze, Teheran comincia a muoversi sul piano politico. L’Iran ha dichiarato che non rispetterà più i limiti di arricchimento fissati dall’accordo nucleare del 2015 con le potenze mondiali dopo che il suo massimo generale è stato ucciso dal raid aereo Usa di venerdì. L’annuncio di domenica indica che l’Iran sta abbandonando le disposizioni chiave dell’accordo – negoziato tra l’Iran, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e la Germania – che gli impediscono di avere abbastanza materiale per costruire un’arma atomica. Una decisione in parte già anticipata dopo il ritiro americano dall’accordo ma che ora mostra un’escalation.

L’Iran- scrive Al Jazeera – lascia però una porta aperta ai partner europei, che finora  non sono stati comunque in grado di offrire a Teheran un modo per vendere il suo greggio all’estero nonostante le sanzioni statunitensi. Un’apertura che però resta importante nei rapporti con l’Occidente.

Su un altro fronte intanto, il parlamento iracheno (nella foto qui sotto in riunione)  ha approvato una risoluzione che chiede al governo di espellere le truppe straniere dal Paese, il risultato evidente di quanto accaduto nei giorni scorsi e che, oltre a Teheran, coinvolge direttamente anche Bagdad  in seguito all’uccisione dell’alto comandante militare iraniano e di un importante  leader  iracheno nel raid statunitense avvenuto proprio nella capitale.

In una sessione parlamentare straordinaria  domenica, il parlamento ha invitato il governo a porre fine a ogni  presenza di truppe straniere in Irak e ad annullare la richiesta di assistenza avanzata da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti che aveva lavorato con Bagdad per combattere l’autoproclamato Stato islamico di Al Bagdadi.

In un altro sviluppo della situazione, la leadership talebana in Afghanistan ha fatto sapere di non voler trarre vantaggio da quanto accaduto tra Iran e Stati Uniti ma è abbastanza inevitabile che i fatti di settimana scorsa e quanto avverrà nelle prossima settimane abbia un impatto seppur indiretto sui negoziati di Doha tra Stati Uniti e talebani, sui quali gli iraniani hanno comunque, così come sul governo di Kabul, una discreta influenza.

(Red/Est)

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