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La violenza di genere in guerra

Foto di Guillermo Luna

La violenza di genere è un elemento costante nei contesti di guerra e conflitto. Minacce, privazioni, coercizione e pressioni psicologiche, ma anche matrimoni precoci, prostituzione coatta e aborti forzati, maltrattamenti, violenze fisiche, e stupri sono violazioni e ‘armi di guerra’ che si registrano quotidianamente.

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni unite nel 1999, concentreremo l’attenzione sui casi di Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e Iraq tramite i dati raccolti sul campo dalla ong Intersos.

La Pandemia ha peggiorato la situazione della violenza. Per limitare il contagio da Covd19, le donne sono state costrette a restare in casa con mariti, compagni e conviventi violenti. I numeri che Intersos registra sul campo sono allarmanti.

Nella Repubblica Democratica del Congo, da gennaio a settembre 2020 sono stati documentati 716 episodi di violenza di genere nella Provincia di Ituri. Nel Sud Kivu, a settembre 2020, il numero di casi di violenza registrati è 920 di cui 475 sono casi di stupro. Per il Nord Kivu, al 30 settembre 2020 sono stati documentati 957 casi di violenza sessuale di genere con 667 casi di stupro. Questi dati mostrano che gli episodi di violenza sono in netto aumento, soprattutto i casi di stupro. Le cifre del terzo trimestre dell’anno sono già superiori a quelle registrate in tutto l’arco del 2019.

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Nella Repubblica Democratica del Congo lo stupro resta poi un’arma di guerra. Nel 2019 Intersos ha assistito e curato 300 donne affette da fistula nei distretti sanitari di Karisimbi, Rutshuru e Lubero, nella regione del Kivu. La fistula consiste in una lacerazione del perineo, i tessuti che separano la vagina dal retto. Una lacerazione che provoca grave incontinenza e che crea enormi disagi, paure e vergogna nel vivere la vita in comunità. Una delle principali cause della lacerazione è la violenza sessuale.

In Sud Sudan, nel secondo trimestre del 2020, il 98% dei casi segnalati di violenza di genere è stato perpetrato ai danni di donne. Le ragazze adolescenti sono particolarmente vulnerabili: la percentuale delle adolescenti sopravvissute alla violenza è aumentata dal 78% all’85% nel secondo trimestre.

Anche in Iraq gli operatori e le operatrici hanno rilevato un alto numero di episodi di violenza di genere, la maggior parte dei quali avvenuto all’interno di campi, dove spesso le condizioni sono precarie e promiscue, aumentando il livello di insicurezza per le donne sole. L’84,7% dei casi segnalati è stato perpetrato contro donne e il 15,3% contro ragazze.

Ai traumi psicologici, alle lesioni fisiche, si somma spesso lo stigma da parte delle famiglie e della comunità di appartenenza. Spesso, inoltre, è molto difficile intraprendere le vie legali. Molte non hanno il coraggio di denunciare, altre vengono intimidite, e raramente si ottengono risarcimenti o giusti provvedimenti in linea con le leggi del diritto internazionale.

“Nei paesi in cui interveniamo, i nostri operatori e le nostre operatrici sono spesso un punto di riferimento per chi ha subito violenza. – spiega il team di Intersos – Ci prendiamo cura di persone che rischiano di rimanere in silenzio, inascoltate, emarginate. In tutti i nostri interventi di protezione c’è una componente di tutela delle donne sopravvissute o a rischio di violenza”.

“Nei nostri programmi la tutela delle donne è centrale. Ogni forma di abuso o violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani che va condannata ed eliminata”.

*In copertina foto di Guillermo Luna per Intersos

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