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Myanmar, tregua ma non per tutti

Tatmadaw, com’è conosciuto l’esercito del Myanmar, ha annunciato il 9 maggio un cessate il fuoco unilaterale di quattro mesi per potenziare la lotta del governo contro COVID-19. Ma l’adesione alla tregua non  riguarda tutte le parti del Paese ed  esclude le aree  in cui opera l’Arakhan Army nei due Stati occidentali del Rakhine e del Chin. La tregua, che inizia  oggi e durerà sino al 31 agosto, non include infatti parti del Rakhine settentrionale e la municipalità di Paletwa nello Stato  Chin, teatro di  intensi scontri tra esercito e AA.

La decisione fa seguito a richieste provenienti da più parti: agli inizi di aprile alcune ambasciate a Yangoon hanno sottoscritto un appello per la tregua  mentre il 27 aprile anche  la Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia aveva reiterato  le richieste dell’Onu e del papa  – rese note a marzo – per una tregua globale di fronte alla minaccia rappresentata della pandemia. La richiesta di tregua in Myanmar è infine sostenuta, oltreché dagli uffici regionali dell’Onu, da associazioni della società civile birmana e internazionale.

Il 3 maggio scorso, le organizzazioni separatiste escluse dalla tregua,  hanno reiterato l’appello al cessate il fuoco, già reso noto agli inizi di aprile, chiedendo  una “tregua unilaterale”,  che però non esclude una risposta in caso di attacco. Un richiamo spurio alla tregua assai simile a quello fatto ieri dai militari che, oltre a escludere le due zone occidentali, non escludono che Tatmadaw possa usare la forza se negli altri Stati non viene osservato il protocollo cui ci si deve attenere perché funzioni il cessate il fuoco.

Questa situazione di confusione renderà comunque difficile attribuire la responsabilità delle morti civili alle varie forze armate o  ai soldati governativi in un rimpallo già visto proprio nel Rakhine dove il 20 aprile scorso un autista dell’Oms è stato ucciso mentre trasportava materiale medico. Dopo alcuni giorni,  anche un convoglio di aiuti del World Food Programme  è stato attaccato dall’Arakan Army tra le città di Samee e Paletwa (Chin), e un autista è stato ferito.

Guerra, tregua a macchia di leopardo e reciproche accuse non facilitano certamente l’accesso degli organismi umanitari nelle aree di crisi, dove all’espansione del Covid-19 si somma una carenza alimentare endemica, ora peggiorata dal virus. Si stima che  nel Nord del Rakhine si trovino almeno 150mila  sfollati a causa dei combattimenti tra esercito e Arakan Army. A oggi in Myanmar vi sono 178 casi e 6 decessi a causa della pandemia.

In copertina un carroarmato di fabbricazione cinese in dotazione a Tatmadaw

(Red/Est)

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