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Ricordare la strage del Ruanda

Nell’aprile di diversi anni fa si svolse uno degli episodi genocidari più sconvolgenti del Secolo breve. Riproponiamo qui un articolo uscito su Unimondo nel 2019 di Fabio Pipinato

L’inferno non può essere peggiore.Vivi scene che ti fanno sprofondare di girone in girone. Senza pietà. Non c’è fine al peggio sino a trovarti in Paradiso. Mi spiego. La gente sorride, collabora. I bambini saltellano, indicano ai genocidari dove si sono rifugiati i loro coetanei tutsi come stessero giocando a nascondino. Le donne aiutano l’esercito a compilare la lista come fosse quella della spesa ed invece è la lista delle persone da eliminare. A migliaia. Uno studente delle superiori, vedendomi, mi grida: “E’ la nostra Rivoluzione Francese”. Altri “Libertà, libertà”. C’è raduno, folla, lo “stare assieme”. Tutti rubano di tutto. E’ finita la fame, l’oppressione, l’umiliazione d’essere figli di un dio minore. Giorni di terrore che la maggior parte degli organi di informazione ha voluto ignorare, relegando la tragedia che si svolgeva sotto gli occhi dell’intera comunità internazionale alla tesi di uno scontro tribale folle ed irrazionale.

Rwanda, 7 aprile 1994.

Ore 6.00 del mattino. Sveglia. Esco dalla porta di casa. Silenzio. Non si muove foglia. I primi raggi, deboli, illuminano l’acqua del lago. Ferma. Non vi sono pescatori, oggi. Le canne di papiro non ondeggiano. Non cantano più gli uccelli.
Mi reco alla fonte. Sarà o no una buona giornata? Tutto regolare. L’impianto funziona a meraviglia. Esce acqua potabile in abbondanza ed i filtri donati da Rotary di Bologna vanno che è un piacere. Buona nuova. I rifugiati burundesi, siti nei campi a confine con il Burundi, ormai dall’ottobre dell’anno precedente, avranno anche oggi acqua pulita… (continua su Unimondo)

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