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Turchia, all’obitorio si sequestra un’idea

La salma di İbrahim Gökçek's (foto tratta dalla pagina Facebook Free Grup Yourm)

Anche da morto İbrahim Gökçek fa paura. Il corpo senza vita del bassista della band turca Grup Yorum, deceduto dopo 323 giorni di digiuno di protesta, è stato sequestrato dalla polizia turca nella giornata di ieri. Le forze dell’ordine, si legge sulla pagina Facebook della band, che ha raccontato minuto per minuto quegli attimi, ha fatto irruzione all’obitorio dove si trovava il corpo del musicista , ha lanciato un gran numero di lacrimogeni e ha prelevato di forza il corpo di Ibrahim. I familiari, gli amici e gli attivisti vicini alla causa nata attorno al gruppo musicale perseguitato da Recep Tayyip Erdoğan e che ha già visto la morte per digiuno la cantante Helin Bölek e il chitarrista Mustafa Koçak, temono che la polizia possa seppellire il corpo, senza permettere la celebrazione del funerale. Pare poi che durante l’operazione della polizia siano stati arrestati anche alcuni parenti del musicista e altre persone che stavano impedendo alla polizia di accedere all’obitorio.

İbrahim Gökçek aveva interrotto lo sciopero della fame un giorno prima di morire, perché una delle richieste del gruppo, quella dell’eliminazione del divieto di esibirsi in pubblico, era stata accolta. Con i propri avvocati, i rappresentati del Grup Yorum avevano infatti presentato domanda al governatorato di Istanbul per organizzare i concerti in tre piazze della città, e nel comune di Smirne, dove il 3 luglio dovrebbe svolgersi un concerto.

I musicisti della band erano stati arrestati nel 2016, nell’ambito della repressione seguita al golpe fallito contro il presidente Recep Tayyip Erdoğan. L’accusa era di vilipendio alle istituzioni e appartenenza all’organizzazione terroristica di estrema sinistra Dhkp-C. Gökçek, 40 anni, e gli altri membri del gruppo denunciavano la detenzione dei dissidenti nelle carceri della Turchia, insieme al blocco dei concerti della band e delle altre attività nel loro centro culturale Idil, che è stato più volte oggetto di irruzioni da parte dalla polizia. Anche la moglie di Gökçek, Sultan, e altri membri della band si trovano tuttora detenuta in carcere.

La persecuzione del gruppo musicale è solo una delle tante ingiustizie che si svolgono in Turchia. L’associazione Human Rights Association ha pubblicato il 5 maggio un rapporto in cui si registra che solo nel 2019 ci sono stati 1.477 casi di tortura o maltrattamenti sia dentro che fuori dalle carceri, 1.344 riunioni e manifestazioni attaccate dalla polizia, oltre al commissariamento delle municipalità di Diyarbakır, Van e Mardin, tre città a maggioranza curda, dove erano stati eletti come sindaci i rappresentanti del partito Hdp. “Il 2019 – si legge- è stato un anno in cui i diritti fondamentali come la libertà di espressione, organizzazione, riunione e dimostrazione sono stati limitati e vietati in misura considerevole. Il ricorso alla magistratura è stato il principale strumento di pressione”.

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