Site icon atlante guerre

Il cucchiaio georgiano

di Teresa Di Mauro

Tbilisi – In Russia, nonostante la settimana scorsa il Presidente  Vladimir Puntin avesse rassicurato la nazione definendo la prima ondata di Covid-19 “sotto controllo”, i numeri in ascesa degli ultimi giorni lo hanno costretto a cambiare rotta. “Ai nostri confini si trovano Stati già gravemente colpiti dall’epidemia, bloccarne la penetrazione nel nostro Paese oggettivamente è impossibile” ha detto nel discorso di mercoledì sera. A partire dal 28 Marzo i cittadini russi sono chiamati a rimanere nelle proprie abitazioni per una settimana di ferie “pagate”.

L’emergenza in corso ha anche costretto il Presidente a rimandare in data da definirsi, il referendum sulle modifiche alla Costituzione, previsto per il 22 Aprile. La gestione dell’attuale situazione d’emergenza ha una matrice duplice per Putin: quella della lotta contro il virus e quella del confronto con l’opinione pubblica, il cui risultato sarà misurabile con la capacità del sistema russo di contenere il numero di infetti e di disoccupati.  E secondo quanto riporta l’Agenzia Italia, la mossa in aiuto all’Italia – circa 120 medici militari, virologi, epidemiologi ed attrezzatura sanitaria da destinare a Bergamo- potrebbe essere per Putin un “ritorno d’immagine sia sul fronte esterno che su quello interno”.

In Georgia, sabato 21 Marzo, la Presidente  Salome Zurabishvili ha dichiarato lo stato di emergenza nel Paese, con lo scopo di rallentare il diffondersi di Covid-19. Le misure sono previste fino al 21 Aprile. Il Primo ministro georgiano, Giorgi Gakharia ha dichiarato: “Stiamo passando allo stadio successivo della diffusione del virus, quello domestico, il quale richiede misure speciali sia dal governo che dalle persone”. Marneuli e Bolsini, due comuni nel Sud della Georgia, sono stati sottoposti ad un rigido regime di quarantena dal 22 Marzo, dopo che una donna, positiva al coronavirus, è stata ricoverata in gravi condizioni. Secondo la ricostruzione degli epidemiologi, la trasmissione potrebbe essere avvenuta durante un funerale a cui hanno partecipato numerose persone. Da qui, la decisione di bloccare i due comuni.

Un capitolo a parte riguarda il dibattito che vede come protagonista la chiesa ortodossa georgiana. Secondo quanto riporta Eurasianet, una testata indipendente che si occupa di Caucaso del Sud ed Asia centrale, l’ostinazione della chiesa a voler mantenere l’utilizzo di un cucchiaio comune durante la santa comunione, ha generato un dibattito definito ‘senza precedenti’ in Georgia, dove la chiesa costituisce una parte fondamentale del senso d’identità. Ma se il patriarca ha acconsentito a rispettare il divieto di raggruppamenti superiori a dieci persone, riguardo alla pratica del cucchiaio comune ha dichiarato: “L’eucaristia è l’essenza dello stile di vita cristiano. La Santa Comunione porta guarigione al corpo e all’anima . È quindi inaccettabile dubitare dell’essenza del mistero della Comunione e manifestare questi dubbi attraverso azioni che includono la rinuncia al cucchiaio della Comunione”.
Per  quel che riguarda l’Armenia, anche a Yerevan vige lo stato di emergenza per un mese a partire dal 16 Marzo. Ma la rapida crescita dei contagi ha costretto il primo ministro Nikol Pashinyan, ad annunciare misure più restrittive almeno per una settimana a partire dal 24 Marzo. Rimangono aperte solo le attività necessarie quali supermercati, alimentari, farmacie, banche. I cittadini che lasciano le proprie abitazioni devono essere muniti di documenti identificativi e avere con sé un’ autogiustificazione. Tra le restrizioni, vi è anche il divieto di pubblicare o condividere informazioni sulla pandemia che non provengano da fonti ufficiali. Secondo quanto riporta Eurasianet però, le autorità armene sembrano essersi spinte un po’ troppo oltre quello che viene considerato una violazione di questa regola. Anche ‘Reporter Without Borders’ ha espresso la propria preoccupazione in un tweet: “Controllare le informazioni non aiuta a sconfiggere l’epidemia, ma contribuisce a diffondere voci e paura”.

Da martedì 24 Marzo anche in Azerbaijan è in atto uno “speciale regime di quarantena” supervisionato dal ministero dell’Interno. Le misure sono previste fino al 20 Aprile. Secondo le nuove restrizioni, agli anziani al di sopra dei 65 anni è vietato uscire di casa. Per coloro che vivono da soli sarà attivo un servizio di assistenza. Rimangono aperti, come negli altri due stati caucasici, i servizi essenziali, mentre l’orario di caffè e ristoranti è limitato a tre ore (12:00-15:00). Rimandato in data da stabilire anche il Gran Premio di formula 1 previsto a Baku dal 5 al 7 Giugno.  Secondo quanto riporta OC media, a fare doppiamente i conti con la situazione di emergenza vigente è l’opposizione, definita dal presidente Ilham Aliyev “nemica dell’Azerbaijan”, una “quinta colonna” con il solo scopo di approfittare del coronavirus per creare panico.

In Asia Centrale invece, il Kazakistan è lo stato della regione  più colpito dalla pandemia. Dal 28 Marzo, le città con il più alto numero di contagiati, rispettivamente la capitale Nur Sultan (conosciuta fino al 2019 con il nome ‘Astana’), Almaty e Shymkent saranno sottoposte ad un più rigido regime di quarantena. Com’è adesso pratica comune, ai cittadini sarà interdetto di lasciare le proprie abitazioni se non per esigenze comprovate (fare la spesa, andare in farmacia o a lavoro).

Anche i vicini Kirghizistan e Uzbekistan hanno dichiarato lo stato di emergenza, entrambi il 24 Marzo. In Kirghizistan, come in Kazakistan, sono state isolate la capitale Bishkek e le altre due città più colpite, mentre in Uzbekistan solo la capitale Tashkent. Per il momento non sono stati registrati casi di Covid-19 né in Tajikistan, né in Turkmenistan.
*Per verificare il numero di casi di Covid-19 nei paesi sopra descritti, consultare i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità 

#Iorestoacasa

 

In copertina: alcuni preti georgiani girano per Tbilisi nel tentativo di proteggere la città dall’epidemia di coronavirus (photo: Facebook, Georgian Patriarchate)

 

Next: Lettere dall’esilio: l’Ovest visto da Est
Exit mobile version