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Il dittatore e l’Europa in ginocchio

di Ilario Pedrini

Il leader dell’opposizione turca Selahattin Demirtas spara a zero sul presidente presidente Recep Tayyip Erdogan – che dopo il tentato golpe non sta usando la mano leggera con quelli che la pensano diversamente da lui – e con l’Europa, che con Erdogan ha fatto un patto scellerato, pur di allontanare i rifugiati dai propri confini. Demirtas, 44 anni, avvocato, è il leader del partito democratico del popolo, Hdp, filocurdo. Entrato in politica nel 2007, è originario di Elâzığ, una cittadina nel Kurdistan turco, «è riuscito – scrive Internazionale – a trasformare il partito curdo in un partito moderno, che riscuote consensi ben al di là della base elettorale curda (il 20 per cento della popolazione turca). Così alle ultime elezioni hanno votato per l’Hdp le classi borghesi e urbane, la Turchia secolare che si oppone al conservatorismo del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) al potere da tredici anni. Durante la campagna elettorale, il leader dell’Hdp è stato il principale obiettivo polemico di Erdogan che lo ha definito un “infedele”, perché ha promesso di lottare per l’abolizione dell’agenzia governativa per gli affari religiosi. Erdogan ha accusato di Demirtas di essere il volto presentabile del Pkk, il movimento armato indipendentista curdo, dichiarato fuorilegge da Ankara». Demirtas è stato intervistato da L’Espresso. La vicinanza espressa dagli europei al presidente in carica, prima e dopo il colpo di stato, fa apparire ancora più forte l’isolamento dei Curdi: «La maggior parte dei popoli, compreso quello italiano, ha sempre avuto un atteggiamento solidale con noi curdi. Ma chi governa non bada a cosa pensa la propria opinione pubblica». Insomma da Parigi a Berlino, passando per Madrid e Roma, il messaggio è chiaro: non si piò fare a meno di Erdogan e quindi si accetta qualsiasi sua linea. Tutto perché il governo di Ankara appare come l’unico strumento per contenere il flusso di migranti. «È come se in un incendio – commenta Demirtas – ci si preoccupasse del fumo anziché del fuoco. Erdogan, sostenendolo Stato islamico in chiave anti Assad, è stato, ed è, uno dei maggiori responsabili del prolungarsi della guerra in Siria e quindi dell’ondata di profughi. Il problema è che chi fugge dalle bombe è considerato merce di scambio. I governanti europei sono preoccupati della perdita di consenso in casa, non dalle sofferenze del prossimo». Nell’immediatezza del colpo di Stato i governi dei Paesi occidentali hanno scelto la linea attendista. Non si capiva se Erdogan ci sarebbe «rimasto sotto» o se, con un colo di reni, si sarebbe alzato, divenendo più forte di prima. Così, a golpe sventato tutti si sono affrettati ad esprimere il proprio sostegno. Per il leader dell’opposizone il colpo di stato è da condannare senza se e senza ma. «Va tuttavia detto che è stato Erdogan a permettere che accadesse. Non è un caso che durante la notte del fallito colpo di Stato siano state arrestate molte persone sulla base di una lista già pronta. È stato anche subito evidente che i primi gruppi usciti per strada erano stati organizzati precedentemente. Infine il presidente ha detto che il golpe è stato un dono di Allah». Da quel giorno Erdogan è più forte. «È ormai al di sopra della Costituzione e non gli serve più ottenere il presidenzialismo. Nonostante questo vantaggio è in preda al panico e alla paura. Il suo obiettivo ora è trovare un modo per rendere la sua gestione impermeabile a eventuali nuovi tentativi di golpe».

 

 
http://www.internazionale.it/notizie/2015/06/08/chi-e-selahattin-demirtas-curdi-turchia

http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2016/09/13/news/il-leader-dell-opposizione-turca-l-europa-si-merita-il-dittatore-erdogan-1.282400

 

foto tratta da fany-blog.blogspot.com

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