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La fine dell’era Pinochet

di Maurizio Sacchi

Il 25 ottobre il Cile ha deciso, dopo un referendum popolare,  di cambiare la propria Costiuzione, che risale al 1980, voluta e fortemente condizionata dal dittatore Augusto Pinochet. Ai 14 milioni di elettori è stato chiesto se riformare la Costituzione e, se sì, chi debba farlo. Il 79% degli aventi diritto ha scelto per una Costituente eletta dai cittadini, mentre solo il 21% si è detto favorevole a una Costituente mista, divisa tra parlamentari e cittadini eletti. L’affluenza al referendum, al 50,9%, è stata leggermente superiore a quella delle ultime elezioni presidenziali. Molti giovani (e meno giovani) hanno votato per la prima volta. L’immagine di milioni di cileni socialmente distanti in fila pazientemente con le proprie biro e mascherine ha reso evidente l’importanza che i cittadini attribuiscono a questa svolta storica.

Il referendum era inizialmente previsto per aprile, ma era stato rinviato a causa della pandemia di Coronavirus. Il Governo conservatore di Sebastián Piñera (nell’immagine a fianco)  ha accettato di indirlo dopo essere stato travolto da un’ondata di proteste proteste che hanno avuto per tema  la richiesta di un migliore sistema scolastico, aumento delle pensioni e fine delle politiche neoliberiste in economia. Tra l’ottobre 2019 e lo scorso febbraio più di 30 persone sono morte nelle proteste.In precedenza, le proteste studentesche del 2011 durante il secondo mandato della  Bachelet, avevano già sollevato il problema di una riforma della Costituzione del 1980. Ma i moti innescati nell’ottobre 2019 da un aumento delle tariffe della metropolitana hanno avuto un seguito e una portata ben superiore. La violenza che ne è seguita ha devastato per mesi le città e i paesi cileni. Crescita economica e investimenti sono crollati. La crisi ha costretto l’ élite politica  a cercare una via d’uscita, e ha spinto il governo di centrodestra di Sebastián Piñera ad accettare il referendum, non previsto dalla Costituzione attuale.

Le richieste della piazza

In un primo momento, la promessa di rispondere alle richieste della piazza  non ha avuto l’effetto di frenare le proteste, soprattutto perché la polizia violava costantemente i diritti umani. Questo mese Sergio Micco,  direttore degli Istituti nazionali per i diritti umani del Cile, ha presentato un rapporto che descrive in dettaglio 3.203 violazioni dei diritti umani nel corso dell’anno passato: “Il Cile sta affrontando le più gravi violazioni dei diritti umani dalla transizione alla democrazia … Siamo particolarmente preoccupato per … lesioni agli occhi, l’uso abusivo di fucili antisommossa e il trattamento disumano, crudele e sessualmente degradante delle vittime “.Benché le proteste all’inizio fossero dirette contro le diseguaglianze economiche e sociali, e stentassero a trovare una guida e una direzione precisa, gradualmente ha guadagnato forza  la voce di coloro che chiedevano da tempo un’assemblea costituzionale. Nel novembre 2019, il timore di un aumento della violenza nelle strade ha portato i rappresentanti di un’ampia gamma di partiti a firmare un accordo per la pace sociale e una nuova costituzione, che è stata poi approvata quasi all’unanimità da entrambe le Camere.

Il voto per eleggere i membri della nuova assemblea è previsto per aprile 2021 e un secondo referendum per approvare o respingere il documento che ne uscirà è previsto entro la prima metà del 2022. È importante sottolineare che un’elezione generale è prevista per il novembre del 2021.In realtà, alla Costituzione di Pinochet del 1980 sono state già apportate numerose modifiche, in particolare dai governi di Ricardo Lagos e Michelle Bachelet. Ma l’impronta estremamente neoliberista  della costituzione sottostante è rimasta quasi intatta, e per questo appare  illegittima agli occhi di molti cileni. Un punto importante rivendicato dai moti del 2019 ha riguardato una riforma del sistema educativo, che garantisca realmente il diritto universale allo studio. Cristiàn Bellei, dottore in Scienze dell’ educazione, Università di Harvard. e ricercatore del Centro di  ricerca avanzata sull’ educazione dell’ Universidad de Chile scrive al riguardo: Nell’ideologia neoliberista che ha guidato la Costituzione del 1980 e la riforma del mercato che l’ha accompagnata in campo educativo, il fatto che lo Stato fornisce direttamente il servizio educativo alle persone, garantendo così il loro diritto all’istruzione (e per inciso, la presa in carico della scuola dell’obbligo dell’istruzione primaria e secondaria), costituisce nel migliore dei casi un’eccezione e anzi un’anomalia. In base all’attuale assetto istituzionale, lo Stato cileno era costretto a trattare le scuole pubbliche e private come se fossero equivalenti e, inoltre, tutti gli incentivi erano destinati a privilegiare l’istruzione privata. Non è un caso che, durante il governo dell’attuale Costituzione, l’istruzione pubblica sia stata ridotta ai minimi termini nella storia del Cile”.

Chi saranno i costituenti?

Un altro punto importante, data la perdita di prestigio e di credibilità dei partiti attuali, sarà quello della selezione dei candidati costituenti.Un punto di vista originale è quello di Gabriel Salazar, professore di Storia sociale del Cile presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Universidad dl Chile,  noto per essere uno dei fondatori della cosiddetta Nueva Historia Social, che si concentra sullo studio dei settori popolari e non tanto delle classi dirigenti. Tuttavia, ha anche indagato sulle élite, con “Mercanti, imprenditori e capitalisti” e “Storia dell’accumulazione capitalista in Cile”. “Ora quello che si deve fare è creare istanze in cui la cittadinanza deliberi in modo sovrano. La prima istanza è l’assemblea comunale, che è la naturale prosecuzione dei Cabildos abiertos [comitati di base comunali]. (…) Se abbiamo 30 o più comuni che deliberano, abbiamo una potenza enorme radicata in tutto il Cile. Da qui, un popolo sovrano diffuso in tutto il Paese. Potentissimo. Da lì devono venire i delegati per l’Assemblea Nazionale Costituente. E scrivere le leggi, ignorando il Congresso.”

Se questo punto di vista radicale ha più un valore di provocazione che quello di una proposta attuabile, ha però il merito di mettere in risalto quanto grande sia stata la divaricazione fra la classe dirigente attuale e la vastissima area di dissenso, alimentata dalle diseguaglianze crescenti nel Cile delle proteste. La sfida posta dalla selezione dei costituenti rappresenta quindi un punto nodale nel disegno del Cile che verrà.

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