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La tassa sull’inquinamento dal Paese sott’acqua

Da www.lifegate.it (Photo by: Shaikh Mohir Uddin/Majority World/UIG via Getty Images)

E’ uno stato vittima dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici che ogni anno produce decine di migliaia di profughi ambientali.

Per questo il Bangladesh ha adottato nei giorni scorsi una tassa sulle emissioni di carbonio nell’atmosfera che dovrebbe diventare operativa entro giugno.

Il paese è molto povero e molto esposto agli effetti del riscaldamento globale e dalle inondazioni all’innalzamento del livello del mare.

La tassa imporrà alle aziende energetiche e manifatturiere che producono anidride carbonica e metano (gas serra) di pagare una quota per l’inquinamento prodotto.

Lo Stato è uno dei maggiori ‘produttori’ di profughi ambientali, molti dei quali raggiungono l’Europa passando dalla Libia, esattamente come le persone che arrivano sulle nostre coste dall’Africa Sub Sahariana.

A causa delle inondazioni delle campagne i cittadini del Bangladesh spesso sopravvivono in baraccopoli nei pressi della capitale Dhaka o nell’indiano West Bengal.

Questo è in parte dovuto alla deforestazione forzata che ha estirpato le barriere naturali che in passato mitigavano l’azione delle onde.

Ma nessuno status, ad oggi, riconosce e protegge la loro fuga. Né le Convenzioni di Ginevra né il Protocollo aggiuntivo del 1967 individuano lo status di chi fugge a causa di catastrofi ambientali.

La Commissione europea con l’‘approccio hotspot’, ha istituito due categorie di migranti, i profughi di guerra, coloro che  hanno diritto di chiedere protezione internazionale e i migranti economici. I profughi ambientali rientrano nella seconda categoria e sono quindi da considerarsi ‘reimpatriabili’.

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